Quella del giussanese Alberto Elli è stata una carriera ciclistica senza rimpianti e piena di soddisfazioni. Dall'87 al 2001 quindici anni di professionismo con il successo sfiorato alla Milano-Sanremo del ’97 e il terzo gradino del podio nella Freccia Vallone del ’98, 26 vittorie per un corridore che è stato prevalentemente un gregario di lusso di grandi campioni come Zabel, Ullrich, Argentin e Bugno.
Passò professionista nel 1987 alla Remac-Fanini, dopo vari successi fra i dilettanti fra i quali il Piccolo Giro di Lombardia: il sogno si realizzava grazie ad Ivano Fanini.
Erano i tempi del dualismo Moser-Saronni ed anche Elli fu contagiato da questa rivalità che vedeva in TV ma che poi avrebbe vissuto di persona trovando i due campioni alle corse, conoscendoli personalmente.
«Ero tifoso di Saronni ma una volta conosciuto apprezzai maggiormente il carattere aperto e socievole di Francesco Moser divenendone un grande ammiratore. Che emozione poi trovarmi sul palco a fine corsa Adriano De Zan, il più grande comunicatore di sempre, la voce che con i suoi commenti faceva innamorare gli sportivi al ciclismo. Il mio primo importante podio? Al primo anno da professionista con la Remac Fanini, giunsi secondo nella Coppa Agostoni valevole per il campionato italiano vincendo la volata di un gruppetto ristretto alle spalle di Bruno Leali. I miei primi direttori sportivi negli anni alla Fanini sono stati Franco Gini, Olivano Locatelli e Piero Bini».
Per versatilità e caratteristiche Elli si difendeva su ogni tipo di tracciato, era supportato da un carattere forte e da un motore che non si inceppava nelle corse lunghe ma che dava il meglio di sé nelle brevi corse a tappe. Ecco quindi per lui il successo al Midi Libre, a 2 Giri del Lussemburgo e alla Vuleta di Murcia. Dopo gli anni con Fanini ha corso per Ariostea, GB- MG, Casino, Deutsche Telekom e Index. Un "diesel" capace di portare termine 11 Tour de France dal 90 al 2000 ottenendo il miglior piazzamento con un settimo posto nell'edizione gialla del ’94 vinta da Miguel Indurain davanti a Ugrjumov e Marco Pantani.
«Trovarmi spesso nelle fughe assieme a questi fuoriclasse sono momenti che non potrò mai dimenticare. Non li legherò mai a nessun rimpianto perchè quelle erano le mie dimensioni ed ho ottenuto quanto erano le mie possibilità. Senza nulla togliere agli altri capitani per cui ho lavorato, devo dire che ad impressionarmi di più è stato il tedesco Erik Zabel: un'autentica forza della natura. Un esempio di eleganza e grandezza. Ammiravo la sua caparbietà e meticolosità che riversava negli allenamenti. Sono stato a contatto con tanti campioni, ma nessuno mi ha colpito come Zabel».
Nel 2000 Elli corona il sogno di indossare la maglia gialla e lo fa per 4 tappe: la conquista al termine della quinta tappa, la Vitré-Tours, tenendola fino all'ottava tappa, la Agen-Dax, che fu vinta da Paolo Bettini, con maglia finita ad Armstrong. «Non dimenticherò mai quei giorni. Il Tour ti dà una popolarità enorme, non soltanto nel vincere una tappa o la classifica finale, ma anche nell'indossare la maglia gialla. Ero consapevole che non l'avrei portata a Parigi ma già indossarla in quattro giorni è stato per me qualcosa di incredibile, soprattutto all'età di 36 anni quando ormai avevo perso ogni speranza di farlo».
Una carriera ciclistica di tutto rispetto per Alberto Elli, segnata dalla maturazione con le squadre di patron Cioli lo portò da Ivano Fanini.
«La squadra di Ivano fu per me una grande opportunità, Fanini è sempre stato un grande motivatore e ha sempre agito nel ciclismo come un padre dei suoi corridori. Lui vuole bene a tutti: a quelli che hanno vinto con la sua maglia e anche a coloro che l'hanno semplicemente indossata. Mi mancano molto gli incontri con lui. Fino a qualche anno fa abitavo fra Liguria e Toscana ed ogni tanto andavo a trovarlo nella sua sede per ricordare i bei momenti vissuti assieme. Ora lavoro e mi sono trasferito a Bellagio e ci vediamo meno di frequente. Faccio l'accompagnatore turistico in bicicletta e molti miei clienti sono del Nord Europa, dove la bicicletta continua ad essere il mezzo preferito dai cittadini. Il ciclismo mi ha insegnato tanto e cercherò sempre di trasmettere le mie esperienze e questi valori».
da La Gazzetta di Lucca a firma di Valter Nieri
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