Ciao Giro. Ciao strano Giro delle prime volte. E' la prima volta che un australiano si porta via la maglia rosa. Un sacco di gente ha vinto per la prima volta una tappa in un grande Giro.
Ci raccontano i romantici che la prima volta non si scorda mai, ma se devo essere onesto e sincero, io non ne farò una malattia se lo scorderò in fretta. Quello che ricorderò ce l'ho ben presente. Ma ci sta in una scatoletta di spilli. Ricorderò un grande Giro di 3 chilometri, gli ultimi sulla Marmolada, quando finalmente uno si è dimostrato migliore e più forte, lasciandosi per strada gli appiccicosi rivali dell'alta classifica. Ricorderò poi Napoli e Torino, le due tappe più eccitanti, per percorso e per andamento agonistico. Ricorderò i temerari del Giro 2, quello dei cacciatori di tappa (Van der Poel certo, ma anche e soprattutto Affini, Gabburo e i due stranieri nel loro capolavoro di alta velocità a Treviso). Ricorderò i segnali di fumo che la nostra piccola Italia è comunque riuscita a concederci, con Covi, Sobrero, Dainese e Oldani vincitori, ma anche con questo Affini potenzialmente un secondo Ganna. E poi certo, il magnifico crepuscolo di Nibali, che ha insegnato fino alla fine come si fa, come si saluta.
Sì, c'è sempre qualcosa da ricordare. Anche la gente tornata per strada, in massa, come non ricordavo più. E poi i ricordi personali di un viaggio che è sempre scoperta e avventura, stupore e meraviglia, umanità e goliardia.
Ma purtroppo, rispetto a tante altre volte, c'è troppo da dimenticare. Noia, tanta noia, per troppi giorni. L'hanno inquadrato come fascino dell'equilibrio e dell'incertezza. Come un valore aggiunto, in altre parole. Opinioni. Ma se il Giro è e deve essere impresa, coraggio, sfida, battaglia, attacco e contrattacco, non possiamo dire che questo passerà alla storia come il migliore dei Giri possibili.
Se non altro, e questo gli va riconosciuto, il Giro moscio è molto sincero: ha davvero vinto il più forte. O il meno debole. Ha davvero vinto il più veloce, o il meno lento.
Se poi questo vincitore sia numero uno in assoluto lo dirà solo il tempo, quando andrà a sfidare da qualche parte i numeri uno in carica, ovviamente i Pogacar e i Roglic e (si spera) i Bernal. A 26 anni il giudizio deve essere aperto e sospeso: per il meglio o per il peggio. Con un'avvertenza: noi del Giro ricordiamo altri vincitori imprevisti e impronosticati, tra gli ultimi gli Hesjedal e i Geoghegan, gente a sorpresa che poi però non ha consolidato nulla, anzi, ancora la stanno cercando con il lanternino.
Per il momento Hindley va definito il migliore di un Giro tra i peggiori. Un Giro di seconda fascia, un Giro di bassa gamma. Non è umanamente possibile usare enfasi e superlativi, proprio no. Sarebbe menzogna e ipocrisia.
Niente di drammatico, ci mancherebbe. Può succedere. Le annate non sono tutte uguali. Ci teniamo anche questo. Ma la cosa più importante, per chi ammira e giudica, è notare le differenze.