Va bene, non c'è bisogno che ce lo ripetano: bisogna aspettare domani. Temo ce lo diranno anche domenica sera. Il copione è rigido, si recita a gettone, ogni giorno: “Domani ne vedremo delle belle” (quest'anno hanno riesumato anche questa antica espressione che sembrava sepolta tra i fossili lessicali). Telecronisti, tecnici, diesse: domani ne vedremo delle belle.
Sai che c'è? Belle o brutte che siano, domani dovremo vederne davvero, una volta per tutte, perchè c'è la Marmolada e soprattutto perchè poi con le montagne abbiamo chiuso. Si va alla minicrono di Verona, poi eventualmente come dice il direttore Stagi con felice ironia resta solo la monetina.
Anche dopo la temibile e temuta tappona italo-slovena, sempre lì siamo: un'altra fuga che arriva in fondo (come dimenticare i Giri in cui i fuggitivi venivano immancabilmente asfaltati nei finali dai migliori della classifica), epilogo allo sprint (con tanto di lungo e surreale simil-surplace tra i cinque fuggitivi sull'ultima salita), neanche stavolta la vittoria di un big (siamo fermi all'unico centro di Hindley sul Blockhaus, comunque in volata).
Quanto al simpatico trio d'alta classifica, Carapaz-Hindley-Landa, ancora una volta procede affiatato e indissolubile, come Aldo-Giovanni-Giacomo, in qualche momento con la stessa comicità: gli scattini e gli allunghini che ancora propongono negli ultimissimi metri della gara non possono essere considerati una cosa seria, proprio per niente. Dopo tutto, la cosa più seria resta lo sprint finale di Carapaz, comunque un minuscolo segnale di buona salute. E fine.
In tutto questo, noi italici possiamo consolarci ancora una volta con l'incrollabile Vincenzo, che alla soglia dei 38 anni combatte imperterrito fino all'ultima goccia di energia, meritandosi chilometro dopo chilometro il quarto posto che non costringe l'Italia a nascondersi tra i rossori dell'imbarazzo.
E allora, e allora. Comunque vada a finire sulla Marmolada, questo suo modo così dignitoso e così decoroso di salutare il Giro non può passare sotto silenzio. Se al Giro comandassi io, non avrei esitazioni: domenica pomeriggio, troverei un minuto per inserire nel magnifico cerimoniale dell'Arena il saluto fuoriprogramma al campione, a questo campione particolare, che il Giro l'ha sempre amato e onorato, che il Giro l'ha vinto due volte, che il Giro l'ha comunque sempre guardato dal podio, che l'ultimo Giro l'ha corso a questo modo.
Si può fare? Troppo stravagante l'idea? Impensabile sovvertire così la procedura? Per quanto mi riguarda, anche il protocollo più rigido può e deve prevedere sempre un'eccezione. Nibali, questo Nibali finale, se la merita tutta. Dipende solo se pesa più la sensibilità degli uomini o la formalità delle cerimonie.
In ogni caso, qualunque decisione venga presa, fosse anche un che cavolo ti viene in mente, grazie dell'interessamento. E amici come prima.