Da una domenica all'altra, dal Blockhaus a Cogne, due Cicconi. E una domanda, peraltro non nuova: quale dei due è davvero Ciccone? E' il dopo-Nibali che tutti invocano, ormai persino con riti vudu', o resterà un talento di provincia che crolla sotto le grandi pressioni?
Mentre l'Italia contempla il terzo successo dei suoi ragazzi di ultima (o penultima) generazione, non possiamo dimenticare che - tra questi - Ciccone è il più atteso. Io sono per i giudizi relativi, come a scuola: se una certa cosa che fa il primo della classe vale 7, se la stessa cosa la fa il disperato dell'ultimo banco può valere 10. Questo per dire che non tutte le vittorie, non tutte le fughe, non tutte le imprese valgono allo stesso modo. Dipende da chi e come.
Venendo a Ciccone: un conto è staccare tutti domenica scorsa sul Blockhaus, quando ancora sei in classifica, un altro conto è suonarli salendo a Cogne, con una classifica compromessa e spacciata.
Allora: complimentissimi a Ciccone, tante speranze di ritorno per l'Italia intera, però rieccoci al punto iniziale: ma Ciccone, a 27 anni, cioè nell'età in cui bisogna essere più realtà che speranze, chi è davvero? Quello del Blockhaus o quello di Cogne?
In attesa di dare chiarimenti definitivi con una corsa da leader, perchè in fondo tutti sognano che sia tale, a cominciare da chi gli versa più di un milione all'anno, nell'attesa di sciogliere l'enigma lui sfrutta l'occasione per togliersi una pietraia dalle scarpe. Sostanzialmente, rinfaccia a tanta gente le critiche dell'ultimo periodo. Parla proprio di cattiverie, letteralmente. In altre parole: senza fare nomi e cognomi, tanti di noi dovrebbero adesso sentirsi in colpa e magari chiedere scusa.
A ciascuno il suo, ciascuno risponde per sé. Io non mi sogno nemmeno di sentirmi in colpa e tanto meno di chiedere scusa, io come tutti i tifosi vedo quel che succede ed esprimo la mia serena opinione. Su Ciccone, torno a dire: bella la vittoria di Cogne, ma non è una vittoria che ricompone la sua carriera. Meglio: non la chiarisce. Una fuga da lontano da fuoriclassifica non basta ad emendare il pregresso, un pregresso che ci proponeva un Ciccone candidato a raccogliere l'eredità di capo del ciclismo italiano nei grandi giri, e puntualmente disatteso.
Tanto per essere ancora più chiari, fino alla noia: al Giro si corrono sempre due gare. La prima è quella per la maglia rosa, la seconda è quella per le soddisfazioni e le rivincite personali, totalmente ininfluenti sul primo Giro.
Partito per competere nel Giro uno, Ciccone si ritrova attualmente leader del Giro due. Ottima cosa, ma resta ancora tanta differenza tra i due Giri. Ci faccia sapere in quale vuole correre stabilmente, tutto qui. Come dice il saggio Adriano Baffi, il suo diesse, “la vita non è un videogame”, cioè un gioco che si manda avanti schiacciando bottoni. Non è che a Cogne il Ciccone di ritorno può pretendere di finire subito tra i grandi con tante scuse del popolo. Non funziona così. Che si goda la prima riscossa, che butti a mare tutti i guai fisici e le paturnie mentali degli ultimi mesi, quindi si dedichi alla costruzione del suo mito. Quanto ai rancori per le critiche, se ne faccia una ragione: fanno parte della vita vera, come direbbe Baffi. E tra l'altro, possono servire persino più dei complimenti sperticati nelle giornate migliori.