Non capisco ma mi adeguo, dicevano una volta in casa Arbore. Qui al Giro 2022 si va avanti così. Bisogna andare avanti così per forza, alternative non ce ne sono. Dicono tutti, sempre, in continuazione, che bisogna aspettare la terza settimana. E quando qualcuno vuole variare sul tema, comunque se ne parla per domani, non prima. E' un Giro così: bloccato sul nascere e mai più sbloccato. Aspettare, aspettare, aspettare: è l'unico verbo che passa il convento. Un verbo che fa rima con rimandare. Attaccare, osare, inventare, divertire non sono varianti contemplate.
Pura cattiveria, rinfacciare questo giudizio? Mancanza di rispetto nei confronti di chi comunque “tutti i giorni fa fatica in bici per ore”? Se così è, io sono pronto anche a scusarmi. Ma il fatto è che io amo visceralmente il Giro, che ho visto tanti Giri fantastici, e davanti a questo Giretto proprio non ce la faccio ad aspettare, aspettare, aspettare. Ovviamente mi riferisco ai giochi di vittoria, non certo ai Girmay e ai Van Der Poel e ai Lopez, ai Demare e ai Dainese e agli Oldani, che il loro lavoro l'hanno fatto alla grande. Dice Garzelli che nella prossima tappa di Torino succederà di tutto, perchè la stanchezza si farà sentire, e mi piace l'idea di dargli fiducia. A qualcosa bisogna aggrapparsi. Siamo abituati. Siamo allenatissimi. Ma siamo sempre lì: a puntare sulla prossima. Sì, domani.
Ovviamente non è a Cuneo che possiamo pretendere i grandi duelli. Parlo di bilancio complessivo. Riguardo e sfoglio il diario di viaggio e ritrovo solo una tappa in cui i favoriti hanno concesso qualcosa (pochino): Blockhaus. Altro? gli attacchi più feroci rimasti agli atti sono quelli del turacciolo di Jesi e della gastrite (di Bardet). I favoriti ormai fuori dai giochi sono saltati in proprio: Yates, Dumoulin, lo stesso Bardet. Il resto è zero, il resto è un fantasticare soltanto sulla terza settimana. Ma allora ditelo: la prossima volta tagliamo le prime due e facciamo un'altra Tirreno-Adriatico.
Guardiamo dalla finestra, guardiamo gli ascolti: ormai la pazienza del popolo è esaurita. Gli appassionati meritano di più e di meglio. Il Giro in sonno dei big è durato anche troppo. Fuori i secondi, direbbero sul ring. Fuori i minuti, aggiungeremmo noi della bicicletta. Almeno a Torino vedete di inventarvi qualcosa: quelli che vi vedete vicino non sono compagni di merende, sono avversari da staccare. Dice niente questa parola?
E già che ci sono, mi sembra il momento di dirla tutta, fino in fondo, fuori dai denti: l'impressione più chiara, finora, è che questi cosiddetti favoriti debbano almeno accendere un cero da qualche parte, come fervido gesto di ringraziamento per la grazia ricevuta. La grazia di ritrovarsi Nibali a 38 anni. Se questa bella gente si fosse ritrovato anche solo quello dei 34-35, sarebbe tutto un altro film. Forse parlo da tifoso, ma non sbaglio di molto.