Rodolfo Romagnoli: lo chiamavano Rodò, che rendeva bene l’idea di chi, in bici, scattava e decollava. Romagnoli colse due quindicesimi posti alla Milano-Sanremo, prima (1915) e dopo (1923) la Grande guerra, poi continuò a correre, sempre a due ruote, ma motorizzate.
Orlando Teani: chiese di partecipare al Tour de France del 1935, che a quei tempi si chiamava italianamente Giro di Francia, fu ammesso “quasi per misericordia, in mancanza di meglio”, lo corse da isolato, cioè senza assistenza, e in una tappa – la pirenaica Luchon-Pau, vinta da Ambrogio Morelli – arrivò secondo.
E Silvano Cantarelli: nella Coppa Vannucci del 1956 andò in fuga con Mario Pieruccini, i due se la giocarono in volata, piombarono sul traguardo appaiati, anzi, arrotati, la caduta favorì Cantarelli, provvidenzialmente catapultato per primo oltre la linea dell’arrivo.
Romagnoli, Teani e Cantarelli sono fra i protagonisti del libro “Il ciclismo a Carrara” (di Lucio Claudio Merli, Società Editrice Apuana, 112 pagine, 10 euro), storie di corse e corridori dai pionieri fino ai giorni nostri, cioè dalle gare di velocipede organizzate per inaugurare il monumento a Giuseppe Mazzini in Piazza Accademia nel 1892 fino alle gite sociali sulle Dolomiti nel 2012. Centoventi anni a pedali.
Merli ha recuperato avventure esilaranti, come quella raccontata da Ultimo (il nome è già un programma) Bertoloni, corridore dilettante e poi meccanico professionista: “In una gara disputata nella vicina provincia della Spezia Gino Bartali, dopo essere stato in testa per gran parte del percorso, scoprì solo all’arrivo di essere giunto secondo, battuto da un anonimo ciclista locale. Il futuro ‘Ginettaccio’ non si era accorto di essere stato superato sull’ultima asperità, e ciò era comprensibile: pare infatti che l’avversario l’avesse sopravanzato a bordo di un’auto, ben nascosto da una coperta”. Merli ha ritrovato vicende storiche, come quella della tappa Montecatini-Genova al Giro d’Italia del 1931, quando Learco Guerra, in maglia rosa, ma cotto, cadde sulle rampe di Castelpoggio, colpa di Renato Peselli detto Capot, che “aderendo, a suo dire, a una richiesta d’aiuto del campione, gli mise una mano sotto la sella per diversi metri, poi però lo lasciò di colpo e il campione cadde rovinosamente”, investito da Eugenio Gestri che lo seguiva a ruota. Gestri si rialzò e andò al traguardo, Guerra si rialzò ma finì il suo Giro all’ospedale.
La storia d’Italia potrebbe essere scritta e cantata attraverso i geroglifici delle biciclette, figurarsi la storia del ciclismo.
Così Merli ha ritrovato la Cronoscalata delle Cave, la Carrara-Codena, due chilometri e duecento metri, al Giro d’Italia 1960, primi – stesso tempo – Jacques Anquetil (scelto per la copertina di questo libro) e Miguel Poblet, ma anche lo spettacolo serale con l’imitatore Alighiero Noschese, il cantante Gino Latilla e il presentatore Mario Riva, quello del “Musichiere”. Così Merli ha rispolverato il ritaglio di giornale che testimoniava la felicità di Fabrizio Convalle vincitore di una tappa al Giro d’Italia 1990 e la foto in cui proprio Bartali teneva a battesimo esordienti e allievi del Velo Club Carrara nel 1995. Così Merli ha estratto nomi e cognomi dagli albi d’oro e può citare Romeo Venturelli primo nella Coppa del Lavoro 1959 e Walter Riccomi primo nella Coppa sportivi fossonesi 1968. Così Merli ha potuto regalarci un’immagine di Carlo Viviani, sorpreso se non imbarazzato, “festeggiato dai suoi fans” dopo una vittoria nel 1963 e di Mary Cressari, sorridente e luminosa, alla partenza della Coppa Centro Moda Giovane ad Avenza nel 1976. Così Merli ha scavato e ricavato. Carrara ha cave di grandi storie a pedali.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.