Tre Valli Varesine, 1970. Gianni Motta e Eddy Merckx in fuga. “A un certo punto Eddy fora, Gianni coglie al volo l’opportunità e spinge sui pedali come un forsennato, nel tentativo di staccarlo. Dopo pochi chilometri, Merckx lo raggiunge. Gianni lo guarda sornione e gli dice: ‘Ho voluto aspettarti’. Continuano per un poco appaiati. ‘Eddy’, gli confessa Gianni Motta, ‘io ti ho aspettato, ma tu devi farmi un favore, un piccolo favore. Vedi, la Tre Valli Varesine si corre proprio nella terra dove sono nato e dove risiede la maggior parte dei miei tifosi. Mi adorano e non posso deluderli. Non farmi fare una brutta figura proprio davanti a loro. Non staccarmi, per favore. Non umiliarmi. Tanto la corsa la vinci tu di sicuro. Che cosa ti costa permettermi di stare alla tua ruota sino alla fine? A te nulla, per me è importante’. Merckx, convinto e commosso, lo ascoltò e non tentò mai di scrollarselo di dosso. Gianni Motta lo seguiva come un agnellino che si era messo sotto l’ala protettrice dell’invincibile. Un quadretto quasi patetico. Ma in dirittura d’arrivo, mi raccontava Gianni Motta, ‘mentre il belga, tranquillo, senza impegnarsi più di tanto, si apprestava a tagliare il traguardo, convinto di avermi sempre remissivo alle sue spalle, agli ultimi duecento metri parto in tutta velocità e taglio il traguardo prima di lui. Successe un putiferio. Non fu neppure possibile procedere alla premiazione perché Merckx mi rincorreva come un forsennato. Ho dovuto fare per ben tre volte il giro di un isolato, seguito da Eddy che, fuori di sé, voleva picchiarmi’”.
E’ una delle tante storie che esemplificano, testimoniano e arricchiscono “Diritto allo stadio”, un saggio di Gianfranco Piantoni (della prefazione di Candido Cannavò se n’è scritto qui tre giorni fa) e pubblicato dalla V&P nel 2005 (ma certi testi non hanno età), dove per stadio si intende “spazio e tempo in cui ogni tipo di attività sportiva trova legittima cittadinanza”. Perché lo sport “vive di occhi e ti invita a guardare come gli altri lo interpretano: non solo i campioni, ma anche persone meno fortunate di noi”, lo sport “come un grande maestro interiore”. La lezione di quella Tre Valli Varesine, semplice e disarmante, nelle parole dello stesso Motta: “Quando ci vuole, ci vuole”.
“Diritto allo stadio” (l’allusione è al diritto allo studio) ricorda Tazio Nuvolari (“Raccomandava agli organizzatori: ‘Comperatemi solo il biglietto di andata. Non si sa mai. Non sprecate soldi’”) e Diego Maradona (“Non voleva mai allenarsi e quando il presidente Ferlaino lo vedeva svogliato cercava di stimolarlo: ‘Se oggi ti alleni, ti do un milione extra’. E lui rispondeva: ‘Ci sto, ma facciamo così: mezzo milione a me e mezzo milione a tutti gli altri giocatori’”), cita Italo Svevo (“Lo sport è come la bellezza femminile: uno dei suoi primi effetti su un uomo è quello di guarirlo dall’avarizia”) e Benedetto Croce (“Le strade si trovano camminando e le vie del fare facendo”), passa dal rugby (“Esalta talmente il collettivo da essere ricordato così: ‘Chi perde offre da bere. O chi vince. Non ricordo bene. Però ricordo che si beve’”) alle Olimpiadi (“Nacquero in Grecia dove il marito era tenuto a tollerare l’infedeltà della moglie se commetteva adulterio con un uomo più alto e più forte di lui”), distribuisce perfino aforismi (“Tifare Juventus significa sottoscrivere una polizza di assicurazione contro le sconfitte”) e sofismi (“In realtà, chi è tifoso della Juventus soffre più degli altri perché è obbligato a vincere sempre”), regala spirito (“La storia è maestra di vita ma è nata pensionata. Gli incontri di lotta nell’antica Grecia non di raro si concludevano con lo strangolamento di uno dei contendenti”) e ironia (“Nel 1863 l’associazione britannica di calcio soffrì una scissione tra i favorevole e i contrari all’abolizione del calcio negli stinchi. Vedendo certe partite, non capisco ancora quale delle due fazioni abbia prevalso”).
In tutto questo sport, c’è anche il ciclismo. Piantoni ricorda che, parlando con Gianni Bugno alla fine della sua carriera, “io il moralista gli chiesi: ‘Solo Binda ha vinto tre campionati del mondo. Gianni, due li hai già vinti: che cosa possiamo fare per eguagliare questo record? C’è uno spazio, purché momentaneo, dove il tuo fisico può essere soccorso?’. La risposta di Bugno fu documentata e chiara: ‘Per me, questo spazio non esiste più’”. Quanto ai gregari, la prende alla lontana: “Erodoto racconta che i capi delle tribù dell’Illiria requisivano le ragazze, mettevano all’asta le più belle e davano il ricavato in dote alle più brutte”. Un po’ come succede nel ciclismo: “Il vincitore di una grande corsa a tappe regala tutti i suoi premi ai gregari, ai non protagonisti. Che restano, proprio per questo, gregari”.
Qua e là spuntano imprecisioni. Anche comiche. Come l’allenatore di calcio Scala ribattezzato Delio anziché Nevio (forse per assonanza con l’attrice Delia Scala), o come il grande impostore del ciclismo Armstrong chiamato Louis invece di Lance (come il trombettista di jazz). Ma forse era il modo escogitato da Piantoni, docente universitario nonché tifoso di Bartali e dell’Atalanta, per valutare la nostra attenzione.
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