Il primo (dicembre 1987) fu “Salite nel Triveneto”, una guida per i ciclisti, che esordì con il terzo volume (“L’unica operazione di marketing riuscita, anche se – o forse proprio per questo – involontaria”). Il prossimo (23 settembre) sarà “Il ciclismo nel sangue”, la biografia della ciclista azzurra Paola Turcutto che disse no al doping (“Un corteggiamento durato anni, finché ha deciso di raccontarsi a Elisa Cozzarini”). Fra il primo e il prossimo, quasi 500 titoli di libri – non solo guide e biografie, ma anche manuali e romanzi, fumetti e diari, racconti e antologie, poesie e avventure – rotondi come le ruote della bicicletta (da qui il nome della casa editrice: Ediciclo), ma anche giusti come i piedi che camminano e che viaggiano (dal Cammino di Santiago alla Via Francigena, e poi sentieri e itinerari, e poi anche libri su scherma e pallavolo, alpinismo e rugby, sulla filosofia del vivere e sulla grammatica della sobrietà, per bambini e per ragazzi.
Vittorio Anastasia è Ediciclo fin dalla nascita. Quello che si arrampicava sui Pirenei in bicicletta, esplorando mappe e scoprendo pendenze, quello che scalava lo Stelvio, decidendo di provarci, non solo ad arrivare sul passo ma anche di fare il grande passo di pubblicare una guida per chi, come lui, misurava l’Italia a pedalate, quello che ci ha preso gusto fino a farne un lavoro, e a creare lavoro, e sempre a lavorare di fantasia e intuizioni, ragionamenti e rendicontazioni, cercando quell’equilibrio, fra i diritti d’autore e i doveri da editore, in un mercato italiano in cui i piccoli editori – sosterrebbe Albert Einstein – per stare in equilibrio devono, proprio come le biciclette, continuamente muoversi, spostarsi, andare. Le copie cartacee e quelle elettroniche, le biblioteche in difficoltà e le librerie in estinzione, le presentazioni su schermo e quelle in presenza, gli incentivi e gli sconti, l’attività sui social e i corsi di scrittura. Ce n’è.
L’altra sera, a Trento, durante i dialoghi su due ruote battezzati “Viva la bici” agli Europei di Trento, Anastasia ha raccontato dell’incontro con Margherita Hack (“Su Internet avevo letto della sua passione per la bicicletta, le telefonai per chiederle di poter passare a trovarla nella sua casa di Trieste, strapiena di libri e gatti, finché nel 2017 nacque ‘La mia vita in bicicletta’. Ma quattro anni prima, con Pierluigi Di Piazza, aveva già scritto ‘Io credo’, un confronto fra un’atea, lei, e un prete di frontiera. E’ ancora il nostro best seller, più di 15mila copie vendute”), della nascita di Ciclomundi (“Il festival del viaggio in bicicletta, tre edizioni a Portogruaro, una a Siena, la quinta – si spera – presto”), del valore di un libro (“Carta, inchiostro e colla: chiunque, oggi, può farlo. Ma un buon libro deve soddisfare un’esigenza, accontentare un’urgenza, riempire un vuoto”).
L’Italia legge poco, ma scrive tanto, tantissimo, forse troppo. “Settantamila titoli l’anno di nuovi libri, quasi 200 al giorno – ha spiegato Anastasia -. Noi riceviamo una media di due proposte al giorno. Le email hanno moltiplicato il numero degli aspiranti scrittori. Leggere, verificare, rispondere è, per noi, un lavoro nel lavoro”. E alla domanda provocatoria su quali scritti paghino meglio (si racconta che un agente americano abbia risposto: le richieste di riscatto), il piccolo editore di Portogruaro ha ribattuto: “La vittoria in una lite giudiziaria”.
Ediciclo pedala. A Trento, fra i suoi autori, anche Marco Ballestracci (“1961”, l’anno in cui al Giro d’Italia vinse Arnaldo Pambianco, ma anche il fantasma di Fausto Coppi) e Guido Foddis (“Il Giro a sbafo”, come seguire la Corsa Rosa dalla prima all’ultima tappa con meno di 250 euro). Anastasia, ascoltata l’intervista pubblica con l’avventuroso Alan Marangoni, il gregario trasformatosi in personaggio su YouTube, si annotava un possibile titolo: “In Graziella sullo Zoncolan”.
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