Inutile negarlo, quest'anno il ”Processo alla tappa” ha rivelato sin dai primi giorni un fascino tutto nuovo. Io lo guardo con lo stato d'animo incantato dei tecnici Nasa durante le spedizioni su Marte, ponendomi la stessa domanda sognatrice: c'è vita su quel pianeta? A occhio e croce, credo si possa già dire che esista più vita su Marte che al “Processo”. Le prime rilevazioni scientifiche sul palco Rai rivelano chiaramente la totale assenza di qualsiasi impulso percepibile, anche con le sonde più sofisticate.
Certo ci spiegheranno gli specialisti che non è facile fare un “Processo” senza ospiti e senza pubblico attorno, però si potrebbe anche rispondere onestamente che proprio per questo servirebbero opinionisti ed esperti con un minimo di vitalità. Se le poche forme di vita rilevabili sul palco sono invece stabilmente immerse nel letargo, tenere vivo l'interesse diventa davvero un'impresa spaziale. Svegliala tu la nazione dal grande sonno, se ce la fai.
Comunque la soluzione ci sarebbe. Di ripiego, ma ci sarebbe. Chiuderla qui, una volta per tutte, con l'oltraggio a questo titolo storico, “Processo alla tappa”, che chiaramente non sanno più fare, che chiaramente non si possono più permettere, e chiamare questo dopo corsa di piatte interviste e di commentini slavati con un altro nome, più aderente al format. Personalmente avrei già pronto il titolo adeguato: “Dopo corsa, prima della pennica”.