E' sempre più rosa l'orizzonte di Bernal, persino visto da qui, dalla nebbia e dal gelo dello Zoncolan, ma è sempre più blu il cielo d'Italia. Quanta roba, quanta consolazione tutta assieme: tre vittorie in tre giorni, prima Vendrame, poi Nizzolo, infine il colpo più clamoroso di Fortunato, anche se di fortunato questo colpo non ha proprio nulla, è studiato, costruito, sofferto, sudato alla perfezione da un corridore bambino e dalla sua squadra bambina.
E chi ci avrebbe scommesso, su una giornata simile. Ma io credo di sapere che almeno uno ci avrebbe scommesso tante mensilità, perchè conosco la sua tenacia e la sua determinazione, forti e irresistibili fino a rasentare il maniacale. Parlo di Ivan Basso, di chi se no, cioè a dire del leader di questa nuova ditta Eolo-Kometa, che ha una maglia di un azzurro bellissimo e con questo azzurro rappresenta come Dio comanda l'Italia intera, in un ciclismo mondiale sempre più straniero ed estraneo. Ecco qui che cosa si intende per progetto portato avanti con pazienza, un gradino alla volta, senza fretta e senza effetti speciali, senza proclami e senza illusioni, però facendo tutto per bene, ogni giorno, dalla mattina alla sera, in un vero clima di squadra.
Dentro questa cornice, il profilo di Fortunato ci sta a meraviglia. E' un ragazzo sveglio e vivace, però non una meteora che vince tutto nelle giovanili e poi si dissolve nell'età adulta. Tutto il contrario: poche vittorie, molto poche nella fase dell'apprendistato, tanta pazienza e tanta perseveranza che sono le virtù dei forti, poi la convinta adesione ai piani di chi la sa più lunga.
Prima o poi doveva arrivare una giornata così, una giornata veramente strana, che sa di incantesimo o anche di cabala, per solennizzare l'investitura: del corridore e della squadra.
Tutto è così misterioso e insondabile, in cima allo Zoncolan: Fortunato va a vincere la sua prima gara proprio dove il mentore Basso ha scritto forse la pagina più bella della carriera sua, nel 2010, tu guarda la combinazione del destino. Quanto al modello di vittoria, bisogna solo spellarsi le mani: in fuga dal mattino, poi la rimonta sul fuggitivo Tratnik, infine l'attacco del ko nell'inferno degli ultimi 3 chilometri. Lo scalatore bambino della squadra bambina, tutto rigorosamente made in Italy, così magari la smettiamo di frignare perchè i nostri devono tutti emigrare, questo scalatore bambino spiana il Kaiser, il signore delle cime, e strada salendo riesce pure a spianare il Kaiser dei cretini, quel tizio col giubbotto nero che lo affianca per diversi metri fino quasi a farlo cadere (standing ovation per gli altri tifosi che prelevano di peso l'idiota e lo tolgono di mezzo, spero solo l'abbiano anche conciato per le feste, gonfiandolo come una mongolfiera).
E' un capolavoro totale e assoluto, una faccenda tutta italiana che in questa tre giorni riconcilia il Paese con la sua amata bicicletta.
Certo, proprio in questa giornata strana, di sortilegi e insondabili coincidenze, cade anche l'anniversario preciso della prima vittoria di Nibali al Giro, Asolo 22 maggio 2010. Alle volte, i richiami del destino: proprio oggi Vincenzo lancia la spugna, lui in prima persona, senza aspettarla dall'angolo, e di fatto abdica. Non che ci si potesse aspettare il miracolo, col polso che si ritrova. E con l'età che si tira dietro. Ma non c'è come assistere alla discesa ufficiale dal trono, proprio 11 anni dopo esservi salito, per capire fino in fondo quanto è amaro il momento. Nibali a un quarto d'ora, non ci si può credere: lui che per un decennio, in tutti i grandi giri, per male che andasse giganteggiata stabilmente ai vertici delle montagne e delle classifiche.
No Vincenzo, questa non è una giornata come le altre. E' la giornata più triste e più malinconica. Ma non importa, perchè non arriva a sorpresa, dopo quel polso fratturato. Alla bella età che hai raggiunto. Arriva come logico epilogo di un calvario personale e di una sfida impossibile. Però stai sereno, perchè resta la tenacia e la serietà con cui ci hai provato.
Dicono che adesso per te si apra un altro Giro. E' il Giro di chi viene lasciato andare perchè non conta più nulla, e sinceramente non riesco proprio a considerarlo come una prospettiva eccitante. Nemmeno tanto romantica. Per quante tappe riuscirai a vincere da qui a Milano, ti auguro duecento, io continuerò a preferire le immagini dei tuoi trionfi più grandi e più veri, uno su tutti alle Tre Cime di Lavaredo, sotto la tormenta di neve, in maglia rosa, nel 2013. Per un campione che conserva certi ricordi, cosa sarà mai una tappa in più o in meno. Magari con la maglia rosa che si rivolge distrattamente ai suoi gregari per dire “quello lasciamolo andare, ci fa pure comodo, ormai non è più un pericolo”.