E siccome il Giro è pieno zeppo di storie, primarie e secondarie, belle e brutte, lievi e pesanti, io proprio non posso tacere quella della speciale classifica PediJella.
Sinceramente sin qui non è una gran fatica individuare i leader di questa odiosa graduatoria, direi che si può parlare in tutto e per tutto di un dominio di squadra: parlo della Bahrain, e di chi se no.
Di sicuro, i più grandi ammiratori di questo team sono fotografi e cineoperatori, che raramente possono documentare voli come quelli di Landa e di Mohoric, il primo colpito e abbattuto come birillo del bowling da Dombrowski in volo, il secondo autentico Klaus Dibiasi senza acqua sotto, salto mortale con semiavvitamento e atterraggio di testa, altissimo coefficiente di difficoltà.
Fortunatamente si ride e si scherza, per modo di dire: ma adesso, dopo, a spaventi assorbiti. Quel che resta è invece il bilancio da lametta ai polsi per la Bahrain, che a noi di queste parti sta anche particolarmente a cuore, essendo a trazione italiana.
Non voglio mancare di rispetto a nessuno, tanto meno al giapponese Arashiro, uno dei sopravvissuti, ma di sicuro questa squadra non ha perso per strada solo due corridori: ne ha persi due specialissimi. Uno era soltanto il capitano, tra i favoriti più quotati.
Eppure. Anche stavolta, dalle strade del Giro sbuca una morale eterna e immutabile: di fronte alla jella che si accanisce si può reagire in due modi. Il primo: frignando, facendo sceneggiate, aprendo la fabbrica del vittimismo. La scusa è sacrosanta per tirare a campare fino a Milano, pochi avrebbero qualcosa da ridire. Altrimenti, c'è il modo due: incassare il sadismo di quella gran baldracca della dea bendata e imperturbabili ricominciare come se niente fosse.
Così, modo due, la Bahrain. Volpi e Pellizotti hanno preso in mano la situazione e hanno subito rilanciato. Signori, si cambia tattica, ma non cambia lo spirito. Si va avanti con quel che resta, ma sempre a modo nostro. Già dopo lo schianto di Landa avevano trovato il modo di vincere la bellissima tappa di Ascoli con lo svizzerino Mader, ma anche adesso, subito dopo il ritiro del locomotore Mohoric, vanno avanti senza fare una piega. Nel giro di carte che resta in mano c'è pur sempre Caruso, una vera garanzia, come anche in nazionale ben sanno, un tizio che non si arrende mai, che spende sempre tutto, che sa badare a un capitano e però anche a se stesso, nel caso. E stavolta il caso l'ha messo proprio nella posizione di doversi caricare la squadra sulle spalle, per tenerla viva e motivata comunque, da qui fino a Milano. Non stupisce, proprio per niente, che al primo giorno di riposo Caruso ci arrivi settimo in classifica, ammucchiato anch'egli nel mucchio dei migliori, con un ritardo di 46'' dal fenomenale Bernal. Che poi sia anche italiano, a noi di queste parti, fa ancora più sangue.
Certo sarebbe il caso che la Bahrain mollasse al più presto la maglia di leader della classifica PediJella, anche se tutti vogliono lasciargliela molto volentieri. In ogni caso, c'è di bello che nella vita questa maglia se ne porta sempre dietro una seconda, decisamente più lieve e più dolce, con i colori dell'arcobaleno, una specie di maglia Simpatia. Chi prende le sberle della baldracca finisce sempre per essere amato un po' di più. Per quello che ha dovuto sopportare finora la Bahrain, per come sta reagendo, sarà dura che qualcuno le porti via questa seconda maglia. La gente del ciclismo sa capire, più di qualunque altra gente.
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