Certo, a voler specificare bene fino in fondo, con il massimo dell'onestà intellettuale, risulta agli atti che Sivakov cade lungo un rettilineo molto ampio per colpa sua, mentre Landa si fracassa investendo Dombrowski, che da parte sua va a centrare un uomo bandierina perfettamente posizionato nel suo ruolo di avvertenza (parentesi: io non mi metterei a fare l'uomo-bandierina su questi spartitraffici nemmeno per dodici milioni di euro alla settimana).
Tutto questo per dire che i veri incidenti di giornata, i veri sconquassi, sembrano più legati a distrazione o a imperizia dei corridori. Però bisogna fermarci subito qui, attribuendo ai corridori quanto compete loro, com'è giusto e doveroso, salvo passare subito dopo al resto. Il resto, sempre con il massimo sforzo di onestà intellettuale, può essere definito con una parola sola: delirio. Ma sì, anche se mezza organizzazione si offenderà, o magari tutta intera, niente ci deve impedire dall'affermare con fermezza quel poco di verità apparsa evidente al mondo intero: gli ultimi chilometri da Rimini a Cattolica, andando a cercare tutti gli angoli e gli spigoli della Romagna balneare, slalomeggiando tra curve a gomito, strettoie, rotondone e spartitraffici, come in un crudele e sinistro “Giochi senza frontiere”, ecco, tutto questo ce lo potevano anche evitare. La prossima volta, già che ci siamo, mandiamoli allora a fare pure due bracciate nell'Aquafan di Riccione, così vediamo chi ha più fisico.
Si chiamerà anche spettacolo, di sicuro nessuno s'è addormentato, mamme e zie, nonne e fidanzate da casa avranno pregato tutti i loro rosari, ma è francamente e onestamente troppo. Lo sappiamo, tocca ai corridori fare attenzione: il percorso è questo, lo studi per bene e ti prendi le tue brave precauzioni. Però il discorso regge fino a un certo punto: anche se io sono tenuto a guidare bene la bici e a essere prudente, non posso pensare di salvarmi se mi fai saltare dal settimo piano. E qui, nella simpatica tappa di Cattolica, se non li abbiamo fatti saltare dal settimo piano, di sicuro li abbiamo esposti al massacro.
E sia detto anche con un bel po' di freddo cinismo, all'insegna dello spietato “The show must go on”: quale sarebbe il risultato di questa caccia all'emozione forte, di questo brivido senza badare a spese, sarebbe forse premiare il più coraggioso e il più spericolato? Da questo punto di vista, considerando quel che riesce a inventarsi Ewan molto prima di saltare Viviani e Nizzolo, de pppaura, il risultato è centrato. Ma davvero ne vale la pena? Ha senso rischiare di perdere da subito i pochi vip di classifica che siamo riusciti a portare in Italia, per il solo gusto di andarsi a ficcare negli anfratti remoti e nei sottoscala di Riviera?
Poi diventa facile, troppo facile, obiettare come stanno facendo tutti: questo ciclismo moderno sta costruendo castelli punitivi per il lancio di una borraccia, e niente ha da ridire davanti a certe compiaciute mattanze. C'è qualcosa di sbalestrato, l'abbiamo lì da vedere. Secondo me, c'è anche molto di ipocrita. I corridori sono pagati per rischiare, ma questa logica non può emendare tutte le nefandezze di chi li manda in strada, in certe strade. Poi lo sveglio Bettiol ci dice che anche il pubblico con questa mania di farsi i selfie di spalle sta diventando pericolosissimo, ed è verissimo, ma purtroppo lì ci andiamo a ficcare nell'oceano dell'idiozia umana, contro la quale nemmeno Socrate e Seneca messi assieme sono riusciti a inventarsi qualcosa. Restiamo al possibile e al fattibile: certi finali si possono e si devono evitare.
I gradassi dello sport estremo gonfiano il muscolo e rispondono come sappiamo, “questo non è un gioco per signorine, dove volete arrivare, sulle piste degli aeroporti?”. Ma anche qui restiamo stabilmente nel campo dell'idiozia umana. Non è un modo di ragionare: è solo machismo da due soldi. Chi ha un neurone ancora attivo comprende bene quali siano, dove stiano, i limiti e la misura. Peccato che pare sempre non lo comprendano le mitologiche Commissioni tecniche, chiamate a dare il loro nullaosta sui tracciati. Ma come vanno in giro questi superesperti, con due bistecche sugli occhiali da sole?
Entro i limiti sindacali della sicurezza minima, la tappa di Cattolica non ci sta. Punto. Purtroppo, non ci stanno più neppure Sivakov e Landa. Ma se devo essere sincero, guardando quel percorso, a me pare un bilancio persino lusinghiero.