Se non è il favorito numero uno poco ci manca, ma il Simon Yates visto al Tour of the Alps fa davvero paura. Al Giro d’Italia 2021 il capitano del Team BikeExchange sarà sicuramente tra i più osservati (non a caso gli abbiamo dedicato la copertina del numero di maggio di tuttoBICI) e lui stesso è pronto a prendersi le sue responsabilità e andare a caccia della Maglia Rosa.
«Al TotA sono andato bene, ma è una corsa abbastanza diversa: qui ci sono tappe lunghe e bisogna stare sul pezzo per tre settimane, mentre lì tappe brevi ed intense per cinque giorni full gas - ammette il gemello d'arte in conferenza stampa -. La mia condizione è sicuramente buona e cercheremo di tirarne fuori il meglio. Già nella prima settimana ci sono alcuni trabocchetti, poi la seconda settimana è dura e la terza durissima. Prendere la maglia rosa subito? Difficile fare calcoli in questo senso, l'importante è avercela a Milano».
Nel 2018 affondò in maglia rosa a tre tappe dal termine, nel 2019 deluse le aspettative e nel 2020 fu estromesso dal covid dopo aver vinto la Tirreno-Adriatico in avvicinamento. «Rispetto al 2018 ho più esperienza, so come gestirmi ed evitare certi errori. Il Giro è una corsa che mi piace molto, con tante salite che si adattano alle mie caratteristiche, e con meno cronometro, almeno per quanto riguarda gli ultimi anni. Contro il tempo ho dimostrato di sapermi difendere, anche se anche quest’anno sarà meglio guadagnare del tempo prima della crono, in modo da non correre rischi. Poi ci sarà la tappa delle strade bianche, in cui dovrò fare di tutto per rimanere fuori dai guai. Quest'anno, poi, il Giro si sposa bene con le Olimpiadi, che sono il secondo grande obiettivo dell'anno. Dopo il Giro sarò anche al Tour de France, ma per il momento non ci penso».
Yates non si sbilancia poi sui rivali, spiegando che non sottovaluterà nessuno: «Non faccio nomi, dobiamo tenere tutti in considerazione, perché non sappiamo cosa potrà succedere e ognuno ha una condizione e un percorso di avvicinamento differente. Evenepoel? Non lo si può escludere, prima dell'infortunio andava fortissimo e fa parte di quella generazione di ragazzini fenomeni. Lo terrò ben d'occhio». Per quanto riguarda le grandi montagne sopra i 2000 mt, il 28enne di Bury non teme il confronto coi sudamericani per un semplice motivo: «Ad Andorra vivo a 2000 metri, quindi l'altitudine non mi spaventa. Magari i colombiani saranno ancora più a loro agio, ma non credo sarà un problema nel complesso».
Anche la squadra ha dimostrato di poterlo supportare al meglio: «Ho grande fiducia nella squadra, che è la cosa che conta di più, poi non so se saremo i più forti o meno. Se qualche mio compagno avrà l'opportunità di vincere una tappa lo lascerò fare assolutamente, ma non ci dimentichiamo che l'obiettivo principale è la classifica generale».
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