La prima bicicletta, a dieci anni: troppo grande. Le prime reazioni, antipatiche e offensive: “Maschiaccio!”. Il primo stratagemma: gli scarponi del nonno, i pantaloni dello zio e baffi posticci. La prima fuga: a zig zag.
Da quel momento ha sposato la bici: “Volevo essere libera, correre, pedalare”. E lo ha fatto: da sola e in gruppo, in allenamento e in corsa, sulla strada e sulle piste, in Italia e all’estero, al Giro di Lombardia e al Giro d’Italia. “Dritta al traguardo!”.
La storia di Alfonsina Strada continua a essere libera, correre, pedalare fra di noi. Romantica come una favola per bambini, forte come una dichiarazione di diritti, stupenda come un romanzo di avventura. Novantasette anni fa la sua impresa rivoluzionaria: partecipare – unica donna in una corsa aperta soltanto agli uomini – e concluderla, sconfiggendo il regolamento, a furor di popolo.
Stavolta è “Alfonsina corre”, un libro per bambini scritto dalla portoghese Joan Negrescolar con un testo biografico di Dario Paladini, illustrato con il contributo dell’Institut Ramon Llull, pubblicato da Terre di mezzo (nel 2019, 45 pagine, 15 euro). La letteratura – per così dire – stradale così si arricchisce: l’indagine storica di Paolo Facchinetti per Ediciclo (“Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada”, del 2004), la novel graphic di Tommaso Percivale per Einaudi (“Più veloce del vento”, del 2016) e il libro-gioco di Fernanda Pessolano per Ediciclo (“Alfonsina e il circo”, del 2017). Ed è già prevista un’altra nuova pubblicazione (“Alfonsina e la strada” di Simona Baldelli per Sellerio).
“Per inseguire il suo sogno – dalla quarta di copertina di “Alfonsina corre” – sfida ogni ostacolo”. Salite e discese, cadute e forature, pregiudizi e crisi. Però, ne ha fatta di Strada.
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