La Milano-Sanremo in maglia di campione del mondo sicuramente non se la scorderà, comunque andrà. Julian Alaphilippe è pronto ad affrontare per la quinta volta la Classicissima: nelle prime quattro partecipazioni è andato tre volte sul podio, vincendo l’edizione del 2019, a conferma di un feeling speciale. Mai come quest’anno, però, c’è attesa nel vederlo fronteggiare i fenomeni Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert.
I tre sono di gran lunga i grandi favoriti, anche se il transalpino della Deceuninck-QuickStep è convinto che i due poliedrici fuoriclasse partano un gradino sopra di lui: «Per come sono andati alla Tirreno-Adriatico direi che non ci sono dubbi che siano loro i favoriti, anche se poi ci sono molti fattori che potranno influenzare la gara – spiega Alaphilippe in conferenza stampa -. Nella tappa di Castelfidardo sono andati fortissimo, io ero distrutto dal freddo e non sono nemmeno riuscito a dare una mano al mio compagno Joao Almeida». A proposito di Castelfidardo, sono in molti a fantasticare su un possibile attacco di Van der Poel sulla Cipressa: «Se attacca gli vado dietro – dice convinto -. L’importante sarà avere delle buone gambe e il via libera della squadra, visto che le tattiche per la corsa le decideremo oggi. Non ci sono solo io, ma anche Sam Bennett e Davide Ballerini che saranno capitani quanto me. Come sempre noi ci prenderemo le nostre responsabilità in corsa, speriamo lo facciano anche gli altri».
Lo scenario più verosimile, però, rimane quello della bagarre sul Poggio come accaduto negli ultimi anni. E a quel punto ci vorrà poca tattica e tante gambe: «Alla fine a fare la differenza sono le forze che ti sono rimaste. Il Poggio di per sé non è una salita difficile, ma dopo 300 km la fatica la senti tutta. In questa gara non conta nemmeno tanto l’esperienza, perché ad esempio io al primo anno ero spaventato dal lungo chilometraggio, ma poi con buone gambe ho chiuso comunque terzo. Certo, se risparmi energie è sempre un bene». Sebbene abbia terminato tre volte sul podio, la discesa del Poggio rimane sempre un salto nel buio: «Quella discesa la faccio praticamente sempre a occhi chiusi perché sono al limite. Infatti nonostante l’abbia fatta 4 volte non me la ricordo; mi vengono in mente giusto le prime due curve ma nulla più».
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