Nel Trofeo Laigueglia dei campioni, con Bauke Mollema vincitore, hanno trovato spazio anche dei corridori di squadre catalogate Uci Continental. Tra questi Giacomo Garavaglia, da quest’anno alla Work Service Dynatek Vega, che ha concluso al quarantasettesimo posto a 5’57” dal vincitore. Garavaglia è stato tra l’altro il primo dei corridori di team Continental a varcare l’arrivo.
«Fin dalla partenza - fa notare Giacomo - sapevo che sarebbe stata una corsa difficile, in mezzo a tanti campioni. Riguardo le aspettative, sono soddisfatto. E’ stata una corsa molto tirata con tante salite e la fuga di 12 corridori fin dai primi chilometri. Non c’era molto tempo per guardare gli avversari attorno, bisognava pedalare forte, anche perché quelli che volevano rendere la gara dura erano numerosi. Nel finale Mollema, Ciccone e Bernal avevano una marcia in più, anche perché reduci da diverse giornate di gara ad alto livello. Io prima del Trofeo Laigueglia ho disputato solo la Coppa San Geo».
A proposito, che differenza c’è tra lo stare in gruppo alla San Geo di fianco ai dilettanti, anche molto giovani, e il pedalare al fianco di Pinot, Nibali, Kwiatkowski, Mollema?
«A certi campioni cerco di portare tanto rispetto. Crea sensazioni speciali gareggiare contro corridori che prima vedevo solo in televisione. Poi nel vortice dell’agonismo ci si convince che sono avversari da battere e si combatte lealmente a viso aperto».
A Laigueglia per lei era impossibile arrivare nei primi 25, soprattutto con un ritardo più contenuto dal vincitore?
«Premesso che il ciclismo è lo sport in cui solo chi taglia il traguardo per primo è contento e gli altri, chi più chi meno, devono farsi l’esame di coscienza, io delle domande me le faccio sempre e penso cosa avrei potuto fare per ottenere un risultato migliore. L’ho fatto anche a Laigueglia dopo la corsa. Ad esempio al primo dei quattro assalti a Colla Micheri ero a metà gruppo, meglio sarebbe stato iniziare la salita 15-20 posizioni più avanti: poteva essere determinante».
I corridori delle World Tour con quale ottica guardano voi alfieri delle Continental, espressione della terza fascia del ciclismo?
«Per capirlo dovrei essere un corridore da squadra World Tour. Per quanto posso intuire loro ci vedono come corridori in società formative. Ci ritengono ragazzi sulla rampa di lancio e in ogni caso c’è rispetto reciproco».
A Laigueglia lei ha concluso nel gruppo di Davide Rebellin, neo-alfiere Work Service. Davide è nato il 9 agosto 1971, lei il 3 luglio ’96. Ha timore reverenziale nei confronti del suo nuovo compagno di squadra?
«Nessun timore. Quando sono nato, Rebellin era già professionista da quattro anni, malgrado ciò ha lo spirito del ragazzo che affronta la vita con entusiasmo. Ha un palmares formidabile, da campione assoluto, ed è forte. Non è semplice per uno alla soglia dei 50 anni gareggiare a ritmi elevati accanto a corridori che hanno 25 o 30 anni in meno».
Durante il Laigueglia Davide è stato un capitano duro?
«Noi l’abbiamo incontrato solo alla vigilia della corsa. Durante la gara ci ha dato utili consigli per rimanere nelle migliori posizioni in alcune fasi. Noi andavamo da lui chiedendogli se serviva qualcosa, borracce e altro. Nel risponderci non ha fatto pesare il suo prestigio. Presto andremo in ritiro per prepararci al Giro d’Istria e lo conosceremo meglio».
Giacomo, lei andò in fuga nel Campionato italiano professionisti del 2019 a Compiano, quando apparteneva alla Colpack, sempre catalogata Continental. Il coraggio non le manca.
«Era un Campionato italiano molto lungo, e la nostra fuga è stata annullata dopo 130 chilometri. Tanti, ma avevamo solo passato la boa di metà gara. Per me ha rappresentato una bella vetrina».
La sua abitudine a sfidare i professionisti è consolidata. Pertanto lei dovrebbe fare un polverone quando partecipa a gare per dilettanti.
«Correre coi professionisti mi ha dato sicurezza e consapevolezza nei miei mezzi. Spero che questi miglioramenti aiutino a fare la differenza nelle classiche per dilettanti».
Il patron della Work Service, Massimo Levorato, cosa vi raccomanda?
«Di essere protagonisti, gli piace vederci in fuga. Se riusciamo a metterci in evidenza è contento per sé stesso ma pure per noi».
Giacomo, domani parteciperete al Gran Premio di Larciano. La Toscana le porta fortuna; pronto a sfoderare l’animus pugnandi?
«Effettivamente le tre vittorie che ho ottenuto in gare per elite e under sono arrivate tutte in Toscana. Il Gp Larciano sarà un’altra corsa con tanti campioni del professionismo in scena. Il livello sarà alto però io cercherò di entrare in una fuga. Arrivare all’ultima ora di corsa ancora in avanscoperta potrebbe essere importante. Piazzarsi tra i primi è un sogno».