Viveva a Londra da alcuni anni a Londra e “come molti manager-ciclisti – parole sue - di limitate doti atletiche” voleva una “bella” bici, molto più bella di quello che fosse necessario al suo livello. Però la voleva “fortemente italiana”. C’era un problema: da capo di una multinazionale globale non poteva esprimere mai appartenenza e sostegno al suo Paese. “Ma una bicicletta da mostrare e di cui parlare con trasporto poteva diventare un modo accettabile e legittimo di manifestare un piccolo orgoglio patriottico. Ero appena partito con l’analisi delle alternative quando un grande amico mi consigliò di lasciar perdere Internet, brochures e confronti tecnici e di andare invece a parlare con ‘l’Ernesto’. ‘Vedrai che ti piacerà, la bicicletta viene dopo…’”.
Bresciano, 59 anni, Vittorio Colao è il ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale del governo presieduto da Mario Draghi. Appassionato di bici e ciclismo, il suo campionato del mondo è la Maratona dles Dolomites: percorso lungo - Campolongo, Pordoi, Sella, Gardena, Giau, Falzarego e Valparola -, un paradiso a pedali. “Così – ricorda Colao - un pomeriggio andai a Cambiago, con qualche pregiudizio - mi aspettavo un ‘grande vecchio’ del ciclismo storico, tutto aneddoti e reminiscenze - e onestamente molto poco incline a ordinare la bici ‘bella’ da lui. Il parcheggio, spazioso e mezzo vuoto, e l’entrata della sede, lucida e ordinata, ma con poca attività visibile, non mi impressionarono: eccomi nella boutique artigianale del passato che mi aspettavo”. Invece: “Quel pomeriggio ho poi passato un’ora e mezza nell’ufficio di Ernesto Colnago, che non ha citato eventi memorabili del passato ciclistico, non mi ha intrattenuto con i suoi successi nelle grandi gare, non ha cercato di dirmi che le sue bici erano migliori. Abbiamo parlato (anzi lui parlava, a essere precisi) di cose molto vicine al mio mondo manageriale, interpretate da Ernesto con il suo unico mix di lunga esperienza del settore e semplicità quasi dialettale, da imprenditore lombardo”.
Non è un caso se si parlò “innanzitutto di innovazione, ma non ‘innovazione finta, quella del marketing’, l’innovazione vera, che cambia il prodotto al meglio per il cliente, che risolve un problema di sicurezza, di performance, di durata. Dai telai in carbonio, a angoli e forme delle forcelle e dei tubi, ai freni a disco (allora in sperimentazione tra mille scetticismi), Ernesto mi spiegava con semplicità rigorosa che ‘se non è veramente buona per qualcosa, l’innovazione è prendere in giro i clienti; ma se si sperimenta con passione, diventa il cuore della ditta’. Dibattito che poteva essere a Boston su casi di Harvard, invece eravamo a Cambiago tra biciclette e ruote”.
Colao è l’autore della prefazione del libro “Il Maestro e la bicicletta” (66thand2nd), le mie conversazioni con Ernesto Colnago. Ed è qui che confessava: “Oggi quando esco a Londra con l’ultima Colnago rossa fiammante mi capita spesso ai semafori di ricevere complimenti da altri ciclisti per la bellezza della bici, innovativa e classica al tempo stesso, made in Italy e competitiva nel mondo”.
E se il nuovo incarico toglierà inevitabilmente un po’ di bici al neoministro, ne darà fortunatamente di più agli italiani.
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