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E’ l’ufficio dell’anagrafe delle biciclette smemorate. Quella di cui si è dimenticata la data di nascita, quella di cui non si conosce l’albero genealogico, quella di cui non si ricorda la storia, quella di cui si è smarrita la famiglia, quella di cui si è perduto il creatore, quella di cui si è sbiadito il marchio. Qui si farà luce su tutto ciò che è stato dato alla luce. E qui si scriverà tutto sul libro mastro.
La Bibbia, la Magna Charta, il Codice da Vinci delle biciclette è il Registro storico cicli. Nato nel 2012 su iniziativa di Silvio Antoniucci, riconosciuto nel 2019 dalla Federazione ciclistica italiana, l’Rsc è l’albo ufficiale dei marchi italiani produttori di biciclette. Giuridicamente è un’associazione senza scopo di lucro, tecnicamente è composto da alcuni valutatori, praticamente ha l’obiettivo di riconoscere, registrare e catalogare le biciclette d’epoca – cioè anteriori al 1987 - attraverso la marca del mezzo, l’anno di fabbricazione e le caratteristiche specifiche.
Si va dalla A dell’Alan (l’azienda fondata nel 1972 da Lodovico Falconi con il logo deriato dalle iniziali dei figli Alberto e Annamaria) alla W della Wilier Triestina (una Extra Lusso del 1940, e qui c’è anche un “circa” che testimonia la difficoltà di individuare date certe e assolute). Si passa dalla Bartali (fra i modelli certificati ci sono anche quelli del Museo del Ghisallo e del Museo di Bartali a Ponte a Ema) alla Coppi e alla Fiorelli-Coppi. Si contemplano le Quattrocchio (prodotte da Carlo Quattrocchio, alessandrino di Lobbi, reduce da un’emigrazione in Argentina e poi dalla Prima guerra mondiale, data d’inizio 1919) e si ammirano le Giuntelli (dei fratelli Battista e Marco Giuntelli, astigiani, che alle cave di gesso preferirono i tubi di ferro, il battesimo nel 1921).
Il Registro Storico Cicli vive con il contributo delle iscrizioni: 120 euro l’anno per i soci ordinari, 24 per i semplici tesserati, 12 per i sostenitori. Se sito Internet e pagina Facebook sono accessibili a tutti, il resto è riservato. Perché oltre al registro marchi e a quello speciale e agli attestati di storicità, c’è la biblioteca con i cataloghi dei cicli d’epoca, le riviste “Ciclismo italiano” e “Ciclismo illustrato d’Italia”, la serie dei quaderni della “Gazzetta dello Sport” dedicati ai campioni e quelli della Cosmos anni Trenta, e ancora mensili e libri, anche stranieri.
Le vecchie biciclette sono oggetti di culto e venerazione, ricordi di famiglia e testimoni di storia, antiche piccole regine e arzille signore di una incerta età. Ma a differenza di quelle a due piedi, queste a due ruote sono vogliose di conoscere e orgogliosissime di dichiarare quanti anni hanno.
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