Fanno ancora discutere le parole di Cordiano Dagnoni, ex presidente regionale della Lombardia oggi in corsa per la poltrona di numero uno del ciclismo italiano, che nel corso del faccia a faccia con i suoi tre “competitor” (Daniela Isetti, Silvio Martinello e Fabio Perego) aveva toccato l'argomento “quote rosa” e l'opportunità di valorizzare al meglio - anche a livello d'immagine - le nostre talentuose e vincenti ragazze. Marco Bonarrigo, collega e firma ciclistica di riferimento del Corriere della Sera, aveva stigmatizzato questi due passaggi sollevando una discussione che oggi, dopo la replica di ieri di Dagnoni sul nostro sito, si arricchisce di una precisazione da parte di Marco Bonarrigo. E come lo stesso collega del Corriere sottolinea, saranno i lettori a farsi un'idea più precisa sulla questione. Per quanto ci riguarda, ci scusiamo con Marco per il mancato link al Corriere, che avrebbe certamente facilitato la comprensione di tutta questa “querelle”. Buon anno a tutti e buona lettura. p.a.s.
Caro Pier,
leggo su tuttobiciweb la lettera (aperta) con cui Cordiano Dagnoni esprime la sua amarezza per un articolo del Corriere che lo riguarda. Visto che Dagnoni lo cita e cita il suo autore (il sottoscritto) sarebbe stato utile linkare l’articolo "incriminato" alla sua lettera per far comprendere ai tuoi lettori il contesto.
La sera del 4 gennaio Dagnoni è intervenuto in una (bella) video diretta Instagram condotta da Lello Ferrara assieme agli altri tre candidati alla presidenza della Federciclismo nazionale che va al voto alla fine di febbraio.
Durante la diretta Dagnoni ha (come suo diritto) criticato la “quota rosa” imposta dal Coni alle federazioni (il 30% dei membri del Consiglio Federale deve essere femminile, se non si raggiunge quella percentuale agli uomini eletti subentrano le donne anche se hanno preso meno voti) e avanzato un’idea "estetica" di «valorizzazione mediatica delle cicliste, brave e belle» che ha lasciato perplessi molti ascoltatori, convinti (come loro diritto) che la valorizzazione debba seguire altre vie: parità di accesso al professionismo, salari decenti, dirette tv delle corse più importanti, monitoraggio di possibili episodi di molestia, responsabilità dirigenziali e altro.
A causa della modesta connessione wifi, l’audio di Dagnoni andava e veniva, così il giorno dopo l’ho chiamato per un chiarimento: chi si candida a guidare una storica federazione olimpica con oltre 100 mila tesserati non può e non deve essere frainteso dai potenziali elettori e dai praticanti su temi così delicati. La nostra conversazione è durata 6’51”: quanto detto da Dagnoni nell'intervista è stato riportato alla lettera e tra virgolette nell’articolo. E contiene le seguenti affermazioni, testuali, pubblicate senza chiose o commenti:
1 «Le quote rosa, nello sport e in generale, sono la più grossa discriminazione si possa fare. Se le donne chiedono la parità, devono accettare anche i risultati del voto libero. Con la quota rosa, invece, magari mi entra in Consiglio Federale la casalinga di Vidigulfo (comune della provincia di Pavia, 6493 abitanti, ndr) a cui non frega niente di ciclismo al posto di un uomo competente e di buona volontà».
2 «Se ci sono poche donne ai vertici dello sport forse è perchè non abbiamo mai avuto candidate di un certo livello, che dimostrino le qualità per emergere».
3 Domanda: E queste donne le ha già trovate, Dagnoni? Risposta: «Al momento no, ma magari più avanti ci riesco. Sa, le donne magari hanno anche impegni quotidiani e quindi devono chiedere prima il consenso a casa».
Letta l'intervista, lettori ed elettori sono liberi di farsi una propria opinione sul candidato presidente.
Mi fa piacere che Dagnoni affermi di aver sempre «valorizzato le donne nel Comitato Lombardo» della Federciclismo che ha presieduto negli ultimi quattro anni. Ricordo però che nel suo “governo” regionale (a conduzione maschile) lo affiancavano due vice presidenti - uomini - e quattro consiglieri, uomini anche loro. Ipotizzo che Dagnoni all’epoca le donne le avesse trovate (a Vidigulfo?) ma che queste, come dice lui, non siano riuscite ad ottenere il «consenso a casa» per seguirlo. Buon anno a te e a chi legge.
Marco Bonarrigo