Fanno un lavoro pericoloso, questa la verità. Ogni giorno più pericoloso. Già di base le bici sono sempre più veloci e leggere, sempre più proiettate nel futuro, mentre le strade sono sempre più sconquassate e trascurate, sempre più proiettate nel passato.
Il risultato è che non esistono più tappe leggere e di puro relax, per riposare o per recuperare: bisogna sempre andare alla guerra. E come in tutte le guerre i soldati cadono come mosche. Ci mancava solo il vento, o l'elicottero, o il vento dell'elicottero (o la transenna legata male...): così se ne schiantano altri due, due di una squadra nostra, uno dei quali è questo giovane Wackermann che sta correndo un bel Giro.
Incerti del mestiere. Anche. Ma non sempre. E' un incerto il vento, non lo è se lo scatena l'elicottero troppo basso. E comunque dove non arrivano gli incerti arrivano le maledette congiunzioni astrali, che improvvisamente s'inventano le imboscate più fantasiose. Le ultimissime vicende sono segnate da Borraccia Selvaggia, come se un normalissimo attrezzo di base dovesse trasformarsi con una stregoneria insondabile in arma di distruzione di massa. La borraccia, ma tu pensa, proprio l'amica borraccia, la stessa borraccia che ha fatto grande il manifesto dell'intero ciclismo, con il famoso – e irrisolto – passaggio tra Coppi e Bartali, chi l'ha data a chi.
Su una borraccia finisce il Giro del favorito Thomas, su una borraccia si schianta il giorno dopo pure Weening, sulle borracce rischiano di volare altri loro colleghi negli attraversamenti dei borghi storici dell'entroterra siciliano.
Sono i corridori troppo leggeroni e disinvolti che se le lanciano tra le ruote o sono i portaborraccia che non fanno più bene il loro mestiere di portare, lasciando volare via la bombetta al primo sussulto? Certo possono rispondere solo i corridori, dal di dentro (eventualmente, se il problema è il portaborraccia, allora nasce un chiaro e urgentissimo problema di sicurezza, come per le protesi e i freni a disco a suo tempo).
Io, per parte mia, sulla questione devo eventuali scuse. Parlando della caduta di Thomas, ho parlato subito dell'abitudine idiota di tanti corridori, che tettano un po' dalla borraccia e poi con gesto automatico buttano il contenitore per terra. A seguire però sono emersi i dubbi: in molti sostengono che nel trasferimento ne siano partite così tante per un avvallamento stradale. In più, risulta abbastanza improbabile che i corridori si liberino della borraccia così presto (anche se non è del tutto inverosimile: in tanti bevono subito per sciacquarsi la bocca, per fare scorta, per motivi loro, e poi avendone quasi sempre due può capitare che gettino subito la prima, anche se non è ancora vuota, parola di un ex gregario amico mio).
In ogni caso, io chiedo scusa. Non mi costa nulla, lo faccio ben volentieri. Se ho sbagliato nel pensare subito male, ritratto e mi cospargo il capo di cenere. Se necessario, anche di soda caustica. Resta inteso però che non si cancellano intere epoche di (pessime) abitudini in gruppo, esattamente quelle di buttare la borraccia dove capita. In tanti anni, fermandomi a bordo strada per godermi il passaggio, ne ho beccate parecchio sulle caviglie, io e i tifosi con me.
Comunque chiedo scusa, chiedo scusa, chiedo scusa. Anche e persino al direttore Stagi, che mi ha duramente redarguito per l'affrettata accusa ai corridori. Lui sta sempre e subito dalla loro parte. Stavolta mi ha investito dicendomi addirittura che lui parla a ragion veduta perchè il corridore l'ha fatto. Io, anche stavolta, gli ho risposto che piuttosto d'essere stato un corridore brocco come lui preferisco essere un anonimo cicloturista come me. E la discussione si è chiusa lì. Perchè comunque ho torto io: non avendo prove e certezze, garantismo vuole che la borraccia assassina non l'abbia lanciata uno del gruppo (qualcosa, allora, bisognerebbe però dire ai costruttori dei portaborracce che non portano più un bel niente, ma questa è un'altra storia).
Mi prendo le mie colpe e me le porto a casa. Corro a nascondermi nell'angolo, faccia rivolta al muro, almeno per un giorno. Però i miei affezionati odiatori non si facciano illusioni: domani sono di nuovo qui, magari a sbagliare di nuovo.