Non è una vendetta, sia chiaro, ma una semplice storia di sport. Il protagonista della storia è Sam Bennett, 30 anni tra un mese, irlandese di Wervik, che ha fortemente voluto andar via dalla Bora Hansgrohe nello scorso inverno perché era chiuso da Peter Sagan e Pascal Ackermann. In particolare, il team tedesco non lo convocava per il Tour de France: lo aveva fatto solo nelle prime due stagioni di militanza, nel 2015 e nel 2016, un ritiro e un 174esimo posto per il buon Bennett che nel frattempo è cresciuto fino a diventare uno dei velocisti principi del panorama mondiale.
Ma il team tedesco per la Grande Boucle ha Peter Sagan, sette maglie verdi in nove edizioni della corsa, contando anche quella che si è conclusa da pochi minuti. Bennett briga per andare via, sceglie la Deceuninck Quick Step e la Deceuninck di Lefevere sceglie lui e lo schiera al via della Grande Boucle. Alla vigilia nessuno, siamo sinceri, lo indica come possobile pretendente alla maglia verde, ma Bennett comincia ad accumulare punti e strada facendo ci crede sempre di più. Vince una tappa all'Ile de Re, si palleggia un po' la maglia verde con Sagan e poi la strappa definitivamente all'ex compagno di squadra.
La Bora cerca in ogni modo di mettere in difficoltà Bennett, a volte anche con tattiche rese discutibili dal fatto che Sagan non riesce a concretizzare il lavoro dei compagni. E così Sam Bennett l'impronosticato arriva a Parigi in maglia verde, si concede anche il lusso di vincere su uno dei traguardi più ambiti del mondo, raccoglie l'eredità di Sagan nell'albo d'oro delle maglie verdi e guarda i suoi ex compagni e dirigenti dall'alto del podio di Parigi. Non è una vendetta, ma una grande soddisfazione quello sì...