In morte di Claudio Ferretti non voglio assolutamente commemorarlo, sennò lui viene di notte a tirarmi per i piedi chiedendomi se sono diventato cretino del tutto. Voglio invece dire che grazie a lui e un altro splendido figuro di cui fra poco svelerò il nome, il mio ultimo Giro d’Italia completo, totale, pieno, dalla prima all’ultima tappa voglio dire, il mio ventottesimo, nel 1999, ventuno anni fa o un secolo anzi un millennio fa, è stato qualcosa di speciale. Io con Claudio colto e appassionato e tenero, io con Gianni nel senso di Gianni Ippoliti, straordinario personaggio anche televisivo (specialmente Rai 3 quando era davvero speciale), ex arbitro di calcio, forte di humour contagioso e cultura generosa, a fare una sorta di cabaret tipo Processo alla tappa però in assoluta allegria.
Premessa: compenso minimo e tassatissimo, e soltanto al via, in quella Agrigento che città più lontana dalla mia Torino non c’era, appresi, leggendo finalmente il contratto, che mamma Rai mi spesava solo per pernottamenti e cene, il pranzo no, così come il trasferimento per arrivare alla località di partenza e quello per riguadagnare, a corsa rosa finita, la mia casetta. Tutti stimoli a ridurre il cibo salutisticamente, insomma a fare mezzogiorno con un panino, bella rinuncia che riuscii ad imporre ai due, ancorché loro fossero spesati al cento per cento.
Tema: anima e il dopotappa televisivo, il cabaret di noi tre con i bipedi reclutati sul traguardo, Claudio e le sue belle cose serie e spesso pure poetiche, Gianni e le sue trovate sempre spiritose e talora volutamente gaglioffe, io e le mie baggianate presunte autorevoli.
Svolgimento: in sintesi, il più bel Giro della mia vita, con dentro davvero tutto, compreso il dramma di Marco Pantani pescato positivo quando ormai la sua vittoria finale sembrava una formalità, e la maglia rosa a Milano per Ivan Gotti su Paolo Savoldelli. Nei dettagli un divertissement ogni giorno, con Gianni che arringava il pubblico per strada e all’arrivo quando cercava la tifosa del luogo da incoronare in diretta Miss Borraccia, io che dispensavo pronostici e memorie giornalistiche, Claudio che cercava di evocare il ciclismo grande e divagava e ogni tanto finiva su suo padre Mario Ferretti, il grande radiocronista del “c’è un uomo solo al comando eccetera eccetera”.
Svolgimento con dettagli minimi ma speciali: 1) l’attesa messianica per arrivare enfin in Romagna e mangiare enfin quelle certe tagliatelle in quel certo ristorante di quel certo paese, e si capisce una delusione, compensata dalla cena trionfale di pesce in un ristorante il giorno dopo, il Nautilus di Cervia se ricordo bene , su segnalazione di Davide Cassani; 2) la ricerca ogni oretta, scendendo dall’auto e spostandosi sulla strada, da parte di Gianni Ippoliti di quel metro quadrato dove il cellulare di prima generazione gli permettesse di parlare con donne assortite; 3) il mio raccontare iteratisismo a Claudio, una-due-tre-cento-mille volte, di quando, ai Giochi di Città del Messico 1968, sul traguardo della prova ciclistica su strada sentii un “Mariooo!” urlato da due, uno rivolto all’altro, erano Mario Ferretti suo papà e Mario Fossati giornalista sommo che si ritrovavano dopo anni; 4) il mio rammentare con Claudio che Mario Ferretti aveva come amica e non solo una attrice cinematografica assai popolare, Doris Duranti (nata Durante), amante negli anni fascisti del gerarca Pavolini, e lui la evocava puntualmente alla radio in diretta dal Giro, inventandosi ogni giorno un paese a nome Doris, durante la cui traversata accadeva qualcosa: “A Doris, durante…”, diceva il vate hertziano, sapendo che lei era in ascolto, lei che lo seguì anche in una sorta di fuga d’amore a Santo Domingo, dove Mario divenne star della radio caraibica locale, inviato speciale anche a quell’Olimpiade messicana; 5) quella sera a Pescara che (facevano i turni) toccò a me scegliere dove andare a cenare, chiesi ad un passante, mi fornì un indirizzo, ci andammo, nessuna insegna, una porta, bussammo, era sì un posto dove davano da mangiare, ma si trattava di un club privato per gay e quella sera ferveva il banchetto per lo sposalizio di due maschietti, comunque ci fecero partecipare al cibo e Gianni si mise al pianoforte e cantò alla Fred Bongusto “Due settimane da ricordare agli amici venuti dal mare”; 6) la scoperta da parte di Gianni e Claudio dell’entroterra ligure, per loro spopolato e selvatico e bellissimo, per me squalliduccia intercapedine fra Torino e il mare, quasi litigammo; 7) e 8) e 9) e 10) e avanti, per dire come potevano essere allora le tappe, il Giro, il ciclismo, il giornalismo, la vita.
Ho rivisto Gianni Ippoliti ad un festival di Sanremo, Gianni con annessa una Miss Qualcosa scovata da lui, un abbraccio forte e pieno di memorie. Ho rivisto Claudio Ferretti un tre anni fa a Roma, mi ha regalato una splendida mezza giornata, lui che viveva a Fregene, e ci siamo ampiamente commemorati. Ma qui voglio soprattutto dire e ridire che nessuno sport veicola, come il ciclismo, così tante belle cose a chi lo ha in qualche modo frequentato. Grazie ciclismo, grazie Gianni e grazie Claudio.
da tuttoBICI di giugno
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