La luce in fondo al tunnel non la vedono neanche loro. «Le aziende sono chiuse, i pagamenti degli sponsor a fine marzo non sono arrivati. Ai ragazzi abbiamo chiesto un sacrificio: gli abbiamo congelato i rimborsi e chiesto di arrivare a fine giugno. Poi vedremo». La crisi tocca tutti, anche quelli del Team Colpack-Ballan, che hanno fatto dell’evoluzione e degli investimenti una ragione di crescita. Rossella Dileo, l’organizzatrice, una delle anime della squadra, dice che anche nel ciclismo «più sei grande e più investi». Equazione indirettamente proporzionale al virus, che ha già squassato e ribaltato gli equilibri di realtà come quella bergamasca. Una realtà vincente oltretutto, e florida, che per questo 2020, in occasione dei trent’anni, aveva duplicato gli sforzi: una squadra Continental e una Under23, 24 corridori in tutto, giovani, forti, con meno di 23 anni, un team culla di alcuni dei migliori talenti azzurri, dallo juniores Tiberi (campione del mondo della cronometro), a Piccolo (campione italiano ed europeo) già opzionati da team come Trek o Astana.
Cominciarono nel 1990, «avevamo un’ammiraglia e una macchina scassata, ora abbiamo il motorhome». E’ un team con un budget di 700mila euro che ogni anno dà da correre a ragazzi di tutta l’Italia. Il top per i dilettanti. Il ciclismo, poi, è una forma di passione che imprenditori come Beppe Colleoni, il signor Colpack, portano avanti come forme d’arte e di coesione sociale. «Dobbiamo venirne fuori, andare alle corse e vincerle», ha detto ai suoi dirigenti. Ma lo scenario è complesso. E di più a Bergamo, città colpita duramente e che subirà ripercussioni. A cominciare dalle strategie aziendali di un team. La Colpack, come le altre Continental, a ottobre ha dovuto versare le tasse, sborsare le quote necessarie per affrontare la stagione. La chiusura delle aziende che sponsorizzano crea un circolo vizioso. «Abbiamo congelato subito i rimborsi. Abbiamo voluto dare un segnale forte, tutti i ragazzi stanno a casa. La preoccupazione è andata subito ai dipendenti, a quelli che hanno famiglia. I ragazzi, dopo la prima settimana, hanno capito che il problema era anche sportivo».
La proposta del ct Cassani di annullare la stagione è ossigeno per le squadre come la Colpack. I ragazzi avrebbero l’opportunità di non gettare alle ortiche un anno. «Se questo non dovesse succedere potrebbe essere anche inutile ripartire ad agosto. Il nostro credo è quello di dare la possibilità ai ragazzi di mettersi in mostra». Passata la pandemia, però, anche i team professionistici dovranno fare i conti con le macerie, valutare quanto investire, se farlo. L’anno scorso la Colpack aveva 19 atleti, tanti già all’ultimo anno. Adesso servono risposte. E poi c’è il problema delle corse: come organizzarle? Con che soldi? «Io sono una persona che ha sempre lottato per l’unione delle squadre. Il virus ha stravolto tutto, ma molti problemi li avevamo già prima. La Federazione ci dovrà aiutare. Il primo pensiero è stato: vale la pena ripartire ad agosto e fare quattro mesi? A noi come team cosa serve?».
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