Definitivo tramonto o solamente un anno negativo? Gli addetti ai lavori si stanno chiedendo se torneremo ad ammirare la potenza di André Greipel nel 2020, e probabilmente lo stesso tedesco è curioso di capire cosa possa ancora dargli il suo fisico. Messa alle spalle l’infausta stagione con l’Arkéa-Samsic, il Gorilla è ripartito dalla rinnovata Israel Start-Up Nation, pronta a debuttare nel WorldTour.
Lo abbiamo incontrato a Poreč, in Croazia, dove la squadra israeliana si è ritrovata per il primo ritiro invernale, e l’impressione è stata quella che Greipel abbia ancora voglia di alzare le braccia al cielo. «Non avrei avuto problemi a mollare il ciclismo, per molto tempo è stata la mia opzione migliore, poi a metà ottobre ho avuto un bell’incontro con Kjell Carlstom e ho capito le potenzialità della squadra – ammette senza problemi l’ex atleta della Lotto Soudal - Non era un problema di motivazioni, ma non volevo finire la mia carriera con un anno così brutto. Se anche quest’anno non riuscirò ad essere competitivo, dovrò accettarlo, sono un essere umano in fine dei conti».
Il tedesco sarà di gran lunga il corridore più esperto e vincente all’interno del team: «Ci sono tante facce familiari in questa squadra, quindi è come se fossi qui da molto tempo, e dall’altra parte sono contento di correre con alcuni ragazzi che non avevo mai conosciuto. È bello correre in una formazione che ha un progetto come questo, con tantissime nazionalità diverse, e vedere che la squadra si apre a così tante culture. Storicamente israeliani e tedeschi non sono molto amici e tutti sappiamo il perché, ma è importante che la squadra vada oltre queste cose».
Il debutto coi nuovi colori avverrà in Australia, al Tour Down Under, pertanto il tempo di lavorare sul nuovo treno non sarà molto: «Spero di tornare ad essere competitivo nelle volate, e nello stesso tempo cercare di istruire un po’ gli atleti più giovani. C’è molto potenziale in squadra per riuscire a creare un buon treno, vedremo se saremo in grado di sfruttarlo in gara».
Rispetto a quando è passato professionista, nel 2005, le volate ovviamente sono un po’ cambiate: «Le volate sono un po’ più caotiche di quando avevo iniziato io, ma se avevi le gambe vincevi allora e puoi vincere anche adesso – spiega ancora Greipel -. Gli ultimi due uomini del treno, però, adesso sono più decisivi di qualche anno fa. Inoltre, è vero che rispetto ad una volta non si vedono più squadre costruite interamente attorno al velocista, ma il ciclismo è cambiato e i team cercano di essere competitivi un po’ su tutti i terreni». E anche i nuovi sprinter hanno caratteristiche diverse rispetto al Greipel giovane: «I nuovi velocisti vanno più forte in salita di quanto andassimo noi e riescono ad essere competitivi anche in percorsi un po’ più impegnativi. Penso che col passare degli anni sarà sempre più difficile per i velocisti puri vecchio stile. Difficile indicare chi sia il velocista più forte al momento, sicuramente non io, ma molto dipende anche dal treno che si ha a disposizione, quindi ogni anno le gerarchie si possono ribaltare».
Il 37enne di Rostock si è poi soffermato sulla maglia verde del Tour de France, il grande sogno di tutti i velocisti che però non può più essere tale: «Penso che un velocista puro non possa più vincere la maglia verde al Tour de France. Nel 2014 ho vinto quattro tappe al Tour e Sagan nemmeno una, ma l’ha vinta lui. Ormai è una gara a punti che esula dalle volate vere e proprie». E sulla Milano-Sanremo: «Mi sarebbe piaciuto vincerla – ammette, pur non essendoci mai andato vicino, visto che il miglior risultato è un 24° nel 2014 - Solo due volte però sono riuscito a superare il Poggio coi primi: la prima volta, però, ho sbagliato l’ultima curva, ho perso cinque metri e non sono più riuscito a recuperare, mentre la seconda volta, nel 2018, sono caduto in discesa e mi sono rotto la clavicola. Una corsa difficilissima da vincere, io ci ho provato e, se ne avrò la possibilità, ci proverò ancora».
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