Converrà cambiare nemico. L’Italia di Nibali, tutti noi, farà bene a mettere nel mirino l’ecuadoriano, più dello sloveno.
Una cosa risulta definitivamente chiara: Carapaz è vero. Non capita lì per caso. E non tanto perché l’anno scorso sia già arrivato quarto, e non tanto perché quest’anno abbia già vinto due tappe, ma piuttosto perché negli ultimi tre giorni ha letteralmente preso a sberle la concorrenza, strapazzandola su tutti i terreni, con continuità, senza pause e senza distrazioni. Da prepotente padrone, altro che imbucato. Altro che maglia rosa precaria. Altro che primo posto in prestito. Doverosa ammissione: il duello è a dire poco un triello. Ma se proprio dobbiamo restare fissi sulla formula del duello, del testa a testa, del braccio di ferro, tutto adesso dice Nibali-Carapaz.
Ricapitolando: Carapaz li ha suonati di brutto salendo a Ceresole Reale, ramo scalata pura, guadagnando in velocità su tutti (vedere dati cronometrici). Il giorno dopo, arrivo a Courmayeur, li ha suonati nel percorso misto, salita ancora, ma anche discesa e quindi pianura finale. Terzo giorno, terza lezione: il più forte risulta ancora lui, perché se è vero che un grandioso Nibali attacca alla perfezione nell’ultima discesa, resta ugualmente vero che Carapaz lo va a riprendere in pianura, battendolo poi in volata.
Può bastare. La diffidenza non ha più senso. Meglio: vale quanto può valere per tutti gli altri favoriti. Si può pensare che ceda improvvisamente col botto, che paghi pesantemente l’ultima cronometro, qualunque cosa: ma che sia un candidato autorevolissimo non lo può negare più nessuno. Considerarlo di passaggio, come quei tipi che imbroccano per caso un terno al lotto, è fuorviante e parecchio rischioso. A me, da come sta andando, ricorda molto quel genere di maglia rosa che va a vincere gli arrivi in salita in maglia rosa.
Ci rassicura un dato di fatto: più si va avanti, più Nibali rende. Lo dice la sua storia. Lo sta dicendo questo stesso Giro. L’idea che la terza settimana, anche senza Gavia, giochi dalla sua parte, non è per niente astrusa, tanto meno tifosa. E’ l’oggettiva verità, ragionando a freddo sulla carta. Sull’imponderabile non sono attrezzato.
E poi c’è Roglic. E’ lo sconfitto del Lago di Como. Del Lombardia di maggio. Però pagare 40’’ dopo una foratura nelle fasi decisive, dopo aver pedalato per chilometri con la bici di un gregario, soprattutto dopo essersi schiantato di petto abbracciando un guard-rail in discesa, ecco, forse non è esattamente una batosta. Di sicuro vince lo speciale Trofeo Fortuna Cosa Ti Ho Fatto Di Male, ma in definitiva la sua situazione non cambia in modo apocalittico: se tiene in salita, può giocarsi il Giro nella crono finale di Verona, domenica prossima. Tale e quale a prima di Como.
In ogni caso, ammazza che Giro. Questa la vera notizia del giorno. Mi unisco stravolentieri al coro dei violinisti che puntualmente, sempre, a prescindere, raccontano di un Giro bellissimo. Stavolta mi schiero dalla stessa parte: questo è proprio stupendo. Da quando è cominciato, tre tappe fa, dopo una sterminata sequela di inutili tiritere nelle pianure del Paese, i migliori se le stanno suonando di santa ragione. Tutti i giorni piatti in testa. E siamo ancora all’inizio del lavoro. E’ durissima la vita del Carneade, in questa battaglia: solo gente altolocata, ai piani alti della classifica. E’ un Giro con la erre moscia.
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