Una volta, senza ipocrisia, si diceva pane al pane e vino al vino: queste erano dichiarate senza giri di parole e arrampicate sugli specchi “tappe di trasferimento”. Più o meno gite sociali. Qualcuno le ricorderà ancora. Era il modo più onesto per dire che servivano solo a spostare la carovana da una città all’altra, approfittandone per gustare cinque minuti di alta tensione nello sprint finale (parentesi: mi rifiuto di considerare spettacolo una caduta a settanta orari, con dei poveracci tritati dentro il frantoio della volata: ho un’estetica un po’ antiquata, per me resta semplicemente spavento).
Tornando al tema. Oggigiorno non le chiamano più tappe di trasferimento perché bisogna trovare un significato recondito anche alle faccende più banali, ma la realtà non cambia. Io ho osato chiamarla noia, in tanti si sono offesi da morire.
Si dà comunque il caso che l’interminabile ed estenuante diretta diventi inesorabilmente un contenitore senza fondo di amenità assortite. Tra Ravenna e Modena, in attesa dei fatidici cinque minuti finali, tra gli altri ci tocca assaporare temi altamente eccitanti come:
1) Il sistema termico dello scrittore Fabio Genovesi, che non sa mai come coprirsi, perché non esistono più le mezze stagioni.
2) Le intuizioni geniali di Guglielmo Marconi, prontamente illustrate dal professor Fagnani, genere Scuola Radioelettra Torino.
3) I segnali lanciati agli alieni, attraverso un sistema di onde magnetiche, nella consapevolezza – spiega Pancani dalla moto - che Roglic è un marziano (io l’ho capita così).
4) Cena con Max Sciandri: bisogna portare la coperta termica (altra informazione del preziosissimo Pancani).
5) San Giovanni in Persiceto, il paese di Belinelli, che ha vinto la gara dei tre punti.
6) Il volo delle anatre germane (Andrea De Luca, Team Cepu).
A questo punto mi chiedo perché, in una simile accademia di alta cultura, non si approfitti anche per il veloce ripasso di un tema per niente secondario, che dopo metà Giro il gruppo rischia seriamente di avere dimenticato. Ci provo io, intrufolandomi modestamente. Si tratta di quella cosa che va su, dal basso verso l’alto, il più delle volte a tornanti, portando il ciclista medio dal livello zero del mare a quote variabili tra cinquecento, mille, duemila metri. E anche oltre.
A questo Giro 2019 è un’entità sconosciuta, si presenterà (in quantità industriale) soltanto dopo 12 tappe su 21, sperando che a quel punto il gruppo riesca ancora a riconoscerla. Sul dizionario della lingua italiana questa cosa qui viene definita salita. Vedi anche alla voce montagna. Direttore Vegni, dice niente questa parola?