E per fortuna che arriva la cronometro di San Marino. Con tutto il rispetto per chi ha dovuto sciropparsela in bicicletta, nel complesso non si vedeva l’ora che questa prima settimana di Giro ci desse un taglio. So benissimo di bestemmiare in chiesa, ma fin qui il filo conduttore, il tema vero, il problema serio, ha un nome bruttissimo: noia.
Possiamo parlarne serenamente? E’ lecito sollevare qualche dubbio sulla formula dei primi otto giorni? Sfrondando i dettagli, dopo l’apertura di Bologna sostanzialmente restano nella memoria la tappa di Frascati, per una caduta che elimina Dumoulin, e il finale di Orbetello, per la contrastata retrocessione a mezzo Var di Viviani. A margine, l’ennesima secchiata di fango con gli effetti dell’inchiesta krukka sul doping, che provoca il fungo atomico soprattutto sul palco Rai, con la sospensione di Petacchi (pro-memoria per il direttore Bulbarelli: ha detto in diretta che il suo opinionista si sarebbe assentato “solo un paio di giorni, giusto il tempo di chiarire la vicenda”, tengo a precisare che i due giorni sono passati da un po’ e che di Petacchi non c’è più traccia).
Tornando al tema: tanto per essere chiari, sono comunque episodi più para-agonistici che agonistici in senso stretto. Poi ci sta la maglia rosa italiana di Conti, anche se sappiamo tutti quanti che comunque non è una maglia epica, conquistata con le imprese nei tapponi epici, ma sfruttando abilmente i giochini strategici tra i diversi big rimasti in gara. E se sembra che dica asinate, mi appello alla classifica generale: basta un’occhiata per capire cosa intendo dire.
Riassumendo: rivisto al Var, questo primo terzo di Giro 2019 denuncia un evidente deficit di faccende serie, sostanziali, decisive. Vere. La butto lì: dovendolo ridisegnare, ci starebbe alla perfezione una di quelle tappe montagnose del Sud, con un vulcano, o un Gran Sasso, o un Monte Sirino. Uno di quei test che certo non decidono il Giro, ma che mettono sempre in croce qualcuno con il semplice cambio di ritmo dopo la pianura, e che comunque servono a riqualificare la classifica.
Aggiungo: la noia finisce per avere devastanti effetti a catena. Questi della Rai, che concepiscono il ciclismo soltanto come fenomeno quantitativo (per la qualità ci risentiamo in un’altra vita), insistono imperturbabili ad affliggere la nazione con dirette che durano intere giornate, equamente suddivise tra Raisport e Raidue, per tappe che francamente meriterebbero soltanto la mezz’ora finale. Flessibilità, zero. Sinceramente: non so quanto bene faccia questo servizio mortifero, non so se davvero avvicini gente allo sport della bicicletta. Io ho il terrore che faccia da implacabile sfollagente, con nonnine abbioccate sul ferro da stiro e nipoti schiantati sui libri della maturità. Gli effetti collaterali sono tangibili nelle telecronache e nel Processo: per quanto De Luca stia reggendo alla grande il suo impegno di prima voce, non gli si può onestamente chiedere l’impossibile. Parlare per ore e ore sul nulla va oltre l’umano. Hai voglia di saccheggiare Wikipedia e l’enciclopedia geografica De Agostini: a un certo punto mancano le parole. Si arriva al punto di sperare che un cane, un cammello, un alligatore faccia irruzione in mezzo al gruppo per smuovere un minimo l’interesse. Ma sappiamo come funziona, nella vita: non si può sempre contare sull’affidabilità di cammelli e alligatori. Il più delle volte dormono pure loro.
Se non altro, finalmente lo strazio si chiude qui. A dio piacendo, suona la sveglia. A San Marino comincia il Giro e quanto meno cominceremo tutti a vederci chiaro. I big potranno anche provare a dirci ancora che il Giro comincia nella terza settimana. Ma voglio proprio vederli. Chi dorme oggi, persino oggi, si risveglia malissimo.