Avevo già scritto il pezzo rituale per questa pubblicazione, un articolo “appoggiato” all’assedio che il governo sta infliggendo allo sport e alla collocazione particolare del ciclismo in questo gioco di poteri, lo stavo inviando alla redazione via e-mail, quando il campanello ha suonato, al citofono il postino mi ha annunciato un libro, il libro mi è arrivato fra le mani. E siccome qualsiasi gesto per me viene posposto a quello di sfogliare un libro che mi è appena pervenuto, non ho fatto clic sulla tastiera del computer.
Ho sfogliato il libro al volo. Se non dico cioè scrivo subito di questa opera sono (più che mai) un pessimo giornalista, un nemico dello sport, un gaglioffo da pochi centesimi di euro, un incompetente, un arido, E anche un cretino, un ignorante. E anche eccetera eccetera.
Il libro è assemblato da Luciano Boccaccini, che è un grande anche se è amico speciale di un piccolo come me. Luciano vive nella sua Comacchio, ha una età importante ma va ancora in bicicletta sgridato dalle due figlie. Sa tutto del ciclismo, ma proprio tutto, anche le date di nascita di ogni corridore, di ogni giornalista (è dunque utilissimo per non farci scordare gli auguri a quelli del nostro giro). Ha partecipato ad un celebre telegioco di Mike Bongiorno, tema il ciclismo si capisce, fallendo il grosso guadagno per uno zic. È stato speaker alle partenze di un Giro d’Italia. Ha scritto articoli e libri di archeologia e soprannomi tipici, anguille e polente povere e nobili, la grande maratoneta Laura Fogli sua concittadina e biciclette, biciclette con veri uomini sopra. È amico di tanti, nemico di nessuno. Soltanto uno nella vita è forse riuscito a fare meno soldi di lui con il mestiere di giornalista e scrittore innamorato ed onesto: lo conosciamo entrambi.
Luciano ha scritto poco nel libro che però è davvero tanto suo (sono 400 pagine di grande formato, un affare per 39 euro, comprensivi di un calendario “coppiano” del 2019). Ci ha fatto scrivere tanti, “quorum ego” come diceva Gianni Brera quando si sistemava in un qualche elenco, ma soprattutto ha pigmentato con gli scritti di tutti le straordinarie fotografie di Walter Breveglieri, che ricordo al mio primo Giro d’Italia, 1959. Non c’è bianco e nero più colorato di quello delle fotografie, tutte sensazionali nessuna fuori posto.
Non ho ancora detto di cosa, di chi tratta il libro. Ma mettendo insieme quello di cui ho sin qui parlato non si può non avere già capito che è un libro su Fausto Coppi, persino con interventi dei figli, Marina e Faustino.
Uffa, un altro libro su Coppi! Ennò, questo è “il” libro su Coppi. Ogni articolo è uno “speciale Fausto”. Ogni foto è una testimonianza: di forza in bici, di stile nella pedalata, di tenerezza nello sguardo, di dolenzia nell’atteggiamento, persino di riguardo verso gli sconfitti. C’è sempre Coppi e intorno c’è tanta ma tanta Italia di allora. Più gente comune che celebre gente del ciclismo. Corse e cadute e ferite e trionfi e monumenti e lapidi. Fausto Coppi è nato a Castellania, provincia di Alessandria, il 15 settembre del 1919, siamo vicini alle celebrazioni per i cent’anni. È morto a Tortona il 2 gennaio 1960. È sepolto con il fratello Serse (1923-1951: una caduta in corsa) sulla collina di San Biagio, al paese natale. È stato il più grande ciclista di ogni tempo, vince ancora adesso qualsiasi votazione popolare per mettere in fila i campioni del nostro sport. Difficile, arduo, quasi blasfemo cercare di pubblicare qualcosa di nuovo su di lui, eppure… Luciano Boccaccini ci è riuscito, appoggiandosi a scritti di quattordici giornalisti di ieri l’altro, ieri, oggi. Più le foto, oh le foto di Breveglieri. L’editore di "Coppi, la gradezza del mito", pieno di coraggio ma anche di buon gusto, sta in provincia di Bologna: Roberto Mugavero, edizioni Minerva, tel. 051 6630557, info@minervaedizioni.com.
Ci saranno tanti libri su Coppi, per i cent’anni dalla nascita. Ce ne sono stati già tantissimi, dal 1960 dell’“ei fu”. Mai troppi. Il personaggio sta a “spiegare” le non frontiere del mito, quando è autentico. Fra poco tutti andranno in bicicletta o più nessuno andrà in bicicletta, ma Fausto Coppi resterà il Campionissimo. Anzi, Campionissimissimo. Mi rendo conto che scrivo cose di una tremenda inevitabile sacra banalità. Compresa questa, persin più vera, spero, che banale: il libro (a proposito, il titolo: “Fausto Coppi la grandezza del mito”) è pure un’opera di storia, storia dell’Italia e dei suoi sentimenti, storia di un campione, storia di noi che fummo fortunati a vivere i suoi giorni, storia di quelli che riescono a ricrearsi Coppi in mente da come altri lo hanno spiegato, celebrato. Storia della povera gente che siamo e che lui ha arricchito.
L’hai fatta grossa, Luciano, e ancora grazieeeee.