David López è arrivato al termine della sua carriera. Pur avendo ancora voglia di bici sa che, a meno di sorprese, non attaccherà più un numero alla sua maglia. Classe 1981, lo spganolo chiude con sedici anni di professionismo durante i quali è stato un luogotenente perfetto per i suoi capitani. Nel suo palmares ci sono tre vittorie - una tappa alla Vuelta a España, una al Giro di Germania e una all’Eneco Tour - e la partecipazione a 16 grandi giri: con Alejandro Valverde ha vinto la Vuelta a España 2009 e con Chris Froome il Tour de Francia 2013 e la Vuelta 2017. Le sue maglie sono state quelle di Baqué-Labarca 2, Euskaltel-Euskadi, Caisse d'Epargne/Movistar Team e Team Sky.
Sedici anni fa pensava ad una carriera così lunga e ricca di soddisfazioni?
«Naturalmente no, ma sono molto soddisfatto di quello che ho fatto. Non ho rimpianti ma molti bei ricordi e sono già proiettato alle prossime sfide della vita. In questi anni non sono cambiato,ma ho avuto la fortuna e la bravura di trovare la giusta collocazione in ogni squadra. Ho lavorato per i miei capitani e ho avuto anche le occasioni per mettermi in mostra. E sono contento di aver chiuso la carriera al Tour of Guangxi, gara di WorldTour, facendo quello che ho sempre fatto, cioè lavorare per la vittoria di un compagno, in questo caso Gianni Moscon».
Tra le sue perle il Tour e la Vuelta vinti con Froome.
«Sì, e prima con Valverde. Sono momenti straordinari. Poter essere al fianco di Froome o Valverde è stato un privilegio. Il Team Sky si è rinnovato molto per il 2019, sono arrivati tanti giovani e io sono grato alla squadra per il cammino che abbiamo fatto insieme: come regalo di fina carriera, mi hanno regalato la Pinarello con cui ho disputato la Vuelta».
Quanto è cambiato il ciclismo in questo 16 anni?
«Molto. Oggi c’è tensione in ogni corsa, in ogni tappa, ogni giorno. C’è più pressione sulle squadre, tutti pretendono sempre il massimo, mentre una volta c’era più tranquillità. Oggi c’è molto più equilibrio, anche recuperare un piccolo ritardo diventa difficile, forse si è un po’ perso il fascino che aveva il nostro sport».
Molto di questo lo si deve al Team Sky.
«Io credo che ci siano almeno sei-sette squadre al livello della Sky... Un’altra cosa è invece la cura del dettaglio che Sky riserva ad ogni suo corridore».
Dove la porterà ora la vita?
«Il ciclismo mi piace e ho qualche progetto legato a questo mondo, anche se non necessariamente al professionismo, perché questo comporterebbe lo stare nuovamente a lungo lontano da casa. Penso piuttosto al cicloturismo. Ma tutto è nuovo per me, vedremo quali porte si apriranno...»
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