Si è concluso a Roma il simposio scientifico, co-organizzato dall'Agenzia mondiale antidoping (World anti-doping agency, Wada) e dalla Federazione medico sportiva italiana (Fmsi) in cui si è discusso delle strategie di controllo antidoping basate sul passaporto biologico dell'atleta (Athlete biological passport, Abp). Per tre giorni, i massimi esperti mondiali di lotta al doping - 250 delegati provenienti da oltre 70 nazioni - hanno avuto l'occasione di confrontarsi e di discutere sulle nuove strategie da adottare per contrastare questo fenomeno.
"Voglio ringraziare - ha detto al termine dei lavori il direttore scientifico della Wada, Olivier Rabin - la Federazione medico sportiva italiana per il grande supporto e per l'eccellente organizzazione di questo simposio che è stato utilissimo per affrontare il tema del passaporto biologico. Per la prima volta, infatti, è stato possibile trattare questa materia da diversi punti di vista: quello medico, quello legale e quello analitico".
"Per la nostra Federazione e per l'Italia - ha dichiarato il presidente della Fmsi, Maurizio Casasco - è stato un motivo d'orgoglio che la Wada abbia scelto la Fmsi quale unico partner per organizzare un evento scientifico che ha riunito qui a Roma i più importanti esperti mondiali della materia per affrontare gli sviluppi di un argomento estremamente importante come l'Abp. La Federazione è accomunata alla Wada dagli stessi valori che sottendono la lotta al doping. La credibilità che la Fmsi ha conquistato in questi anni ha portato l'Italia ai vertici del contrasto a questo fenomeno, anche grazie al supporto dei Nas e del nostro Laboratorio antidoping che rappresenta un'eccellenza a livello mondiale. La Federazione continuerà a combattere il doping con la stessa etica e con lo stesso rigore di sempre, nella consapevolezza che la ricerca rappresenta un valore-aggiunto fondamentale".
"Questo simposio - ha spiegato Rabin - è stato utilissimo per consentire ai diversi soggetti che operano nell'azione di contrasto al doping di condividere le rispettive esperienze. L'aspetto sanzionatorio resta fondamentale, ma allo stesso tempo bisogna insistere proprio nella ricerca e nella formazione. Quest'anno festeggiamo i primi dieci anni di vita del passaporto biologico dell'atleta e bisogna dire che, in questo periodo, abbiamo fatto enormi passi in avanti. È necessario, però continuare a lavorare per migliorare questo metodo che riteniamo assolutamente efficace, che ha già portato risultati eccellenti e che rappresenta il futuro".
Rabin ha sottolineato che "una delle problematiche al momento è l'enorme quantità di dati e di informazioni che ci arrivano per ogni singolo atleta. I casi che ci troviamo ad affrontare sono sempre più complessi, per questo occorre perfezionare l'Abp utilizzando - ad esempio - nuove tecnologie come i big data, l'intelligenza artificiale e i biomarker. L'obiettivo che si siamo prefissati è di riuscire a ottenere dati e statistiche sempre più precisi sia per le diverse discipline sportive sia per le varie nazioni. In questo modo sarà possibile adottare contromisure più specifiche ed efficaci".
Fra gli argomenti affrontati nel simposio anche quello relativo alla tracciabilità e al trasporto dei campioni. "Dobbiamo fare in modo - ha precisato il direttore scientifico della Wada - che in tutto il mondo gli atleti abbiano le stesse garanzie e che le analisi vengano effettuate alla perfezione. Per questo il sistema che utilizziamo assicura che i campioni restino inalterati per 72 ore anche durante il trasporto, prima di essere analizzati in laboratorio".
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