di Cristiano Gatti -
Non facciamo finta di raccontarcela: nessuno pensava che Yates andasse così forte, o in altre parole pagasse così poco, nella cronometro di Rovereto. Magari si immaginava che Dumoulin andasse anche un momento più forte, benchè la sua resti comunque una prova possente. La vera novità rimane comunque l’altro, l’inglese, il gemello rosa, ogni giorno più sorpresa, tanto da non essere più una sorpresa. Se comincia a familiarizzare anche con la cronometro, ciao mama. Davvero non si riesce più a pensare come e dove possa perdere questo Giro, Tir contromano a parte.
C’è chi ancora insiste con la teoria della gioventù, dell’inesperienza, della tenuta nella terza settimana. Devo dire che all’inizio ero tra questi, diciamo con uno scetticismo di maniera, perché in definitiva Yates era ancora da scoprire, definire, inquadrare.
Sinceramente, a me fanno un po’ ridere quelli che adesso vanno in Giro raccontando di aver sempre previsto il trionfo di Yates. Capiamoci: che sia una delle più belle promesse al mondo è risaputo, ma che potesse già essere qui a strapazzare il Giro 2018 mi sembrava alla vigilia un’ipotesi davvero esagerata.
Diamogli però atto di aver fatto tutto in fretta. Molto in fretta. Ha cominciato subito sull’Etna e non ha più smesso di menare sberle a tutti quanti. Più era atteso al cedimento, più acquisiva sicurezza e superiorità. Più il piccolo cresceva.
Adesso c’è l’anello mancante della sua catena evoluzionistica: la cronometro di Rovereto. Gli pendeva sulla testa da due settimane come una mannaia, gliela esibivano davanti come uno spettro, sembrava quasi una sveglia pronta a suonare la brusca fine del lungo sogno. Altro che sveglia. Il gemello può continuare a dormire tra due guanciali. Certo, il vantaggio scende sotto il minuto, ma è una situazione di gran lunga più rassicurante rispetto a qualunque previsione. Si pensava tutti che avrebbe probabilmente perso la maglia, ma che contenendo la sconfitta se la sarebbe poi ripresa sulle ultime montagne. Alle 17 del fuso orario di Rovereto la verità è ancora una volta sorprendente: Yates va al di là delle previsioni e di fatto consolida – sì, consolida – il suo primato.
Non è un paradosso. Non è una bestemmia contro l’evidenza dell’aritmetica. Yates davvero esce dalla tagliola della cronometro ancora più rafforzato, nonostante si sia giocato per strada un po’ del vantaggio. Ma guardiamola, adesso, questa classifica. Guardiamolo, senza la zavorra della Trento-Rovereto, questo suo Giro: da qui in poi, cambia radicalmente. Si pensava dovesse ripartire all’attacco per riconquistare la maglia, invece gli si apre davanti un finale di tutta calma, di sereno controllo, di comoda difesa. Ci si capisce: in bicicletta, salendo sulle Alpi, non c’è mai niente di comodo in senso stretto. Intendo però dire che un conto è dover attaccare su ogni tornante, un altro è star lì a vedere cosa si inventano gli altri, pronti a intervenire e a rispondere.
Per tutto questo, mentre ci avviamo all’ultimo atto dello spettacolo, mi sembra doverosa un’ammissione. Yates, il gemello a sorpresa dell’Etna, di Campo Imperatore, di Osimo, di Sappada, non è più una sorpresa. Non è più un precario a tempo determinato. Volendo essere onesti fino in fondo, bisognerebbe dire che il Giro è finito e che lui ce l’ha in valigia. L’atteso crollo è solo nostro, che aspettavamo il suo crollo.
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