GATTI&MISFATTI | 14/05/2018 | 16:08
di Cristiano Gatti -
Non ho capito che razza di moda sia questa: appena qualcuno si prende una tranvata, tutti a ipotizzare subito il ritiro. Dopo Campo Imperatore, abbiamo Froome con la valigia in mano. E magari, perchè no, pure Aru.
Ma che modo è di ragionare: alle prime difficoltà, davanti alla sconfitta, un campione gira i tacchi e si toglie dalla circolazione.
Ora, io capisco che subito, neanche il tempo di lasciarlo arrivare, in tv giornalisti pavidi e opinionisti vanitosi la buttino lì in automatico, solo per coprirsi le spalle, intanto ventiliamo il ritiro e poi vediamo come va a finire. Comunque ci prendo. Se Froome o chi per lui si ritira, saranno i primi a dire io l’avevo annunciato prima. Se il ritiro non c’è, sarà solo una chiacchiera dispersa nel cosmo, una in più, nessuno chiederà mai conto.
Voglio essere onesto e sincero: non ho elementi per dire se Froome si ritira o se resta. Come non ne ha nessun altro, comunque, perché solo Froome sa cos’ha in testa. Posso però dire con certezza che andarsene dopo le prime difficoltà non è il modo. Lo trovo il punto massimo dell’antisportività. Lo trovo molto volgare. Se vinco procedo, se perdo mi tiro indietro. C’è qualcosa di più meschino?
A casa mia, si va via quando si è malati. Non si va perché gli avversari sono più forti. Resto e ogni giorno vado a cercarmi rivincite e riscosse. Magari non arriveranno mai, ma ci provo fino alla fine.
Gli antichi hanno fatto della sofferenza un valore. L’uomo, per crescere, per elevarsi, per migliorare, ha bisogno di temprarsi nelle difficoltà. E’ la filosofia stoica dei Seneca che ci racconta queste verità. Persino la mitologia parla degli dei impegnatissimi a inventarsi nuove prove per i figli prediletti: più li amano, più li vogliono bravi e forti, più li testano in situazioni difficili. Parlano persino degli atleti: l’atleta preferito è quello che supera gli ostacoli più ardui, vincere facile non conta quasi niente.
Ops, mi è scivolata la mano. Ma non trovo per niente fuoriluogo farci sopra anche qualche ragionamento, ogni tanto. Qui lo sport mi pare ridotto ormai a una pura faccenda cinica e mercantile, se tutto va bene sono campione, se cominciano le rogne meglio cambiare aria.
Spero vivamente che Froome non sia di questa pasta. Mi auguro e soprattutto gli auguro che sia il tipo di campione capace di affrontare anche certi chiari di luna, non solo i trionfi e le acclamazioni. Perdere al Giro dopo aver combattuto fino all’ultimo è comunque un grande allenamento. Non entra nell’albo d’oro, ma entra come una vera ricchezza interiore nell’anima e nella personalità del campione. E torna buona per la prossima occasione.
Ci si capisce: perdere non piace a nessuno, mille volte meglio vincere. Ma se succede, conviene sfruttare l’occasione. Da parte mia, chiedo scusa se ho rubato il mestiere a qualcuno. Vorrei però tranquillizzare tutti: tra le mie ambizioni, non c’è quella di fare il mental-coach. E’ già troppo complicato curare la mia, di mente.
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