Ve lo confesso: della vicenda Contador ci ho capito ben poco. O meglio, ho tanti dubbi, troppi interrogativi che mi opprimono e mi impediscono di comprendere fino in fondo questa storia. Troppe domande che attendono una risposta, ma temo che nessuno sarà in grado di fornirmi delle spiegazioni convincenti. Quindi, ve lo dico prima che voi stramazziate al suolo tramortiti: chi ha intenzione di capire, chi cerca delle risposte si rivolga altrove, qui si fanno solo domande. Se invece avete la pazienza e la voglia di sorbirvi tutta una serie di fatti e di episodi che sono il nucleo e il contorno di questa storia, seguitemi pure. Non vi darò risposte ma cercherò, con qualche perché, di aprire un varco verso una ipotetica e faticosissima verità: fatta di dubbi.
Della vicenda si sa che ci sono voluti 565 giorni prima di arrivare ad una sentenza. Alberto Contador è ritenuto colpevole. Per lui due anni di squalifica con annessa perdita delle vittorie più importanti, Tour 2010 (che passa a Andy Schleck) e Giro 2011 (che passa a Michele Scarponi). Il ventottenne fuoriclasse spagnolo viene quindi sospeso fino al prossimo 5 agosto e non potrà partecipare neppure al Tour 2012 (che comincia il 30 giugno, partenza da Liegi) né ai Giochi Olimpici di Londra. Perché tanto tempo? A chi faceva comodo trascinarla così per le lunghe? Agli avvocati del corridore spagnolo, sicuro. Alla Spagna tracotante, anche. Ma forse non solo a loro…
Pizzicato il 21 luglio 2010, dopo il secondo giorno di riposo al Tour de France, Alberto Contador si proclama subito estraneo a qualsiasi accusa. Nel suo sangue vengono trovati 50 picogrammi/ml di clenbuterolo (0,00000000005 mg), il corridore si difende parlando di carne proveniente da Paesi Baschi, portata da un suo amico e, secondo lui, contaminata. L’Uci lo sospende il 24 agosto, ma solo il 30 settembre annuncia la sua positività. Perché? Perché la notizia viene resa nota solo in seguito allo scoop del tedesco Bild? Perché tutta questa prudenza?
Il 26 gennaio 2011 la Disciplinare spagnola propone uno stop di un anno, ma il 15 febbraio la Federciclo nazionale decide per l’assoluzione. Il 24 marzo 2011 l’Uci fa ricorso al Tas, seguita una settimana dopo dalla Wada. Perché in questo caso Uci, o organizzatori non fanno nulla per tutelare il movimento e le loro corse, in modo di far capire a Bjarne Riis che nemmeno a lui conviene far correre Contador sub-judice? In altre situazioni, vedi i casi di Ballan o Bruseghin, la stessa Gazzetta dello Sport fa in modo che i due corridori, solo “sfiorati” da casi di doping, vengano tenuti a debita distanza dalla corsa rosa: perché Contador no?
Il punto centrale della querelle Contador - racchiusa in quasi 4000 pagine di dossier - non è stabilire se la positività al clenbuterolo fosse riconducibile o meno all’assunzione di una bistecca contaminata, ma piuttosto è legata alla reinfusione di sangue precedentemente trattato con clenbuterolo e preparato in un periodo di allenamento. Ad avvalorare questa tesi l’esame dei cosiddetti plasticizer (ftalati), residui plastici rilasciati nel sangue dalle sacche usate per i prelievi. In poche parole, gli esperti del laboratorio di Colonia, dove è riscontrata la positività del corridore, sostengono che quella polvere di plastica nel sangue altro non è che la prova provata che il corridore ha fatto ricorso ad una reinfusione di sangue. Questo, però, nella sentenza del Tas non viene detto a chiare lettere. Perché?
Poca chiarezza, molta approssimazione, qualche sospetto: come quello di punire Contador, corridore diretto da Bjarne Riis (vincitore del Tour ’96 e reo confesso di doping, ndr) nonché oggi anima grigia e grande promotore della nascita di un nuovo circuito professionistico assieme ad altri nove suoi colleghi di altrettante squadre di World Tour. L’obiettivo dei dissidenti è chiaro, smarcarsi dall’Uci e creare un circuito professionistico alternativo: «Il ciclismo lo facciamo noi e noi dobbiamo essere i padroni di uno sport che può essere meglio gestito, valorizzato e venduto», dicono all’unisono i dissidenti. Le mie non sono allucinazioni, ad avvalorare quanto dico ci sono niente di meno che le parole dello stesso Pat McQuaid, il numero uno del ciclismo mondiale che non molto tempo fa disse: «Ci sono manager che pensano di essere Bernie Ecclestone…». Con la sentenza del Tas, almeno uno dei manager è stato sonoramente battuto. Gli altri perlomeno avvertiti.
Vi ricordate Alessandro Colò? Correva nella Isd Neri di Scinto, e venne beccato positivo al clenbuterolo dopo aver disputato la Vuelta a Mexico e condannato dal Tribunale Nazionale Antidoping del Coni ad un anno di squalifica. Nella stessa gara, è l’aprile del 2010, viene trovato positivo anche il danese Philip Nielsen che, come Colò e Contador, ha sempre negato di aver assunto volontariamente la sostanza incriminata e che è stato assolto dalla Federazione danese. La Wada presenta immediatamente appello al Tas contro questa sentenza ma la ritira il 13 ottobre 2011, motivando l’«indietro tutta» con la raggiunta convinzione della buona fede del corridore. Perché per lui sì e per gli altri no? E soprattutto, perché l’Uci non ha mosso dito?
Altra storia: il biker olandese Rudi Van Houts, positivo il 17 marzo scorso alla stessa sostanza, è assolto dall’Istituto di Diritto dello Sport del suo paese e può tornare alle corse. La difesa di Van Houts si è basata sull’assunzione involontaria attraverso la carne consumata in Messico. Perché per lui vale l’involontaria assunzione e per Contador, invece, la presunzione di colpevolezza? Ma ce la stanno raccontando davvero giusta? Non è che a Contador, alla Spagna, a Riis hanno voluto dare una bella lezione, ma per salvare capra e cavoli vogliono farlo passare per vittima di una sentenza ingiusta, quando nella sostanza sono invece i ftalati a metterlo spalle al muro? È questa la chiara prova di colpevolezza?
E poi perché l’Uci permette che si arrivi a punire in un sol colpo Contador, Riis, Spagna e tutti gli organizzatori? Sì, gli organizzatori: da quelli del Giro in giù. Va bene togliere al campione di Pinto il Tour 2010, quello del fattaccio, della positività, ma perché togliergli anche le corse vinte da lui regolarmente, senza macchia? Perché farlo tornare alle corse il 5 agosto e non alla fine del prossimo anno? Gli lasci quello che ha vinto, ma lo fai tornare alle competizioni tra un anno e mezzo (visto che cinque mesi di stop li ha già scontati). Tante domande, una chiara affermazione, quella del grandissimo Eddy Merckx: «Qui c’è qualcuno che vuol far morire il nostro sport». E non sono né il doping, né tantomeno i corridori.
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