ALLA PARI. Una breve, a pagina 13 dell’inserto “extratime” de La Gazzetta dello Sport. Eppure le rivelazioni di Zico, uno dei più forti calciatori del mondo negli anni Ottanta, sono clamorose: «Quando avevo 16-17 anni facevo due-tre iniezioni al mese di steroidi, non nel periodo delle gare, per aumentare la massa muscolare». Poche righe, messe lì di spalla, senza un commento, un approfondimento, eppure Zico in quegli anni contendeva a Maradona e Platini la palma di miglior giocatore del mondo. Il giorno dopo (23 febbraio), sempre sulla “rosea” l’intervista a Aurelio De Laurentis, a firma Andrea Pugliese. Il presidente parla del suo Napoli. Il titolo è di quelli forti: «Lo scudetto? Sì, ma senza pillole». La chiosa del pezzo. «A me interessa solo che il Napoli cresca, ma senza iniezioni o pillole». A cosa si riferisce e soprattutto a chi non ci è dato saperlo. Al calcio spagnolo in generale (si era alla vigilia della partita con il Villarreal), al Barcellona che elude i controlli Wada, a Guardiola (nel 2001 ebbe problemi di nandrolone, ma ritenuto estraneo anche dalla Fgci nel 2009), alle vicende legate alla figura di Antonio Salvi, detto «Tonino», un massaggiatore transitato dal mondo del ciclismo a quello del pallone e approdato a Napoli grazie all’amicizia che lo legava al portiere Morgan De Santis? Chi può saperlo. Una cosa è certa, se questi fatti fossero successi nel mondo del ciclismo sarebbero state impresse paginate di inchiostro. Se un nostro atleta di grido, del pari valore di Zico avesse confessato quello che ha detto il fuoriclasse brasiliano si sarebbe andati avanti per giorni. Se il presidente di un team di World Tour avesse pronunciato le stesse parole sarebbe successo il finimondo. Quota della scommessa? Al massimo, alla pari.
GIRO: DI VITE. L’idea era quella di legarsi, riunirsi tutti intorno ad una sorta di Lega dei Dilettanti, ma al momento l’idea è ancora lì, tutta da sviluppare. Tra le idee c’era anche quella di introdurre una sorta di “passaporto biologico” nostrano, non riconosciuto né dall’Uci né tantomeno dalla Wada, ma da gestire in proprio. Come molti ricorderanno, di questo pasticcio di “dilettanti allo sbaraglio” ne ho parlato su tuttobiciweb.it, avanzando molti dubbi e scatenando forti reazioni: è quello che volevo. Non era tollerabile che un progetto così ambizioso partisse da un solo organizzatore (Brocci del Giro Bio, che da questo momento chiamerò semplicemente il Biomedico). Non era accettabile che fossero coinvolte solo un numero esiguo di squadre. Lacunoso il discorso “passaporto biologico”, visti gli elevati costi e la poca affidabile dal punto di vista giuridico (il rischio, come sta avvenendo per il mondo dei professionisti, è che il gruppo passasse direttamente dalla strada alle aule dei tribunali). Per non parlare poi di un chiaro conflitto d’interessi che da sei anni a questa parte, grazie al presidente Renato Di Rocco, di fatto non c’è. Sei anni fa il presidente decise di affidare i controlli (in ogni caso sempre troppo pochi) al Coni, un ente terzo e super partes. Con il progetto «passaporto» studiato da Luigi Simonetto, presidente della Commissione Tutela della Salute della Federciclismo, e supportato dal Biomedico che sogna di portare nelle ex Cantine Ricasoli di Gaiole in Chianti, il nuovo Centro Federale per il ciclismo, si è rischiato di tornare indietro anni luce. Obiettivo originale? Creare un Centro Mapei in grado di tenere monitorato il mondo dei dilettanti. Quindi una struttura privata (quella del Biomedico), gestita da un membro importante di un ente pubblico (Federciclismo = Simonetto): è mai possibile? Per non parlare dell’idea iniziale, quella di tenere monitorate una quindicina di squadre e di queste controllare solo sei-sette corridori, in modo da contenere i costi. Poi, come se non bastasse, in questo clima di confusione totale non è mancata nemmeno la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il Biomedico si sostituisce alla Federciclismo e scrive una lettera dai toni ricattatori su carta intestata GiroBio, per invitare le società ad una riunione per la “costituente lega”. Se Dio vuole, grazie anche al bailamme creato a regola d’arte da noi di tuttoBICI e tuttobiciweb.it, si è arrivati forse a più miti consigli. Nella riunione di Gaiole in Chianti del 23 febbraio scorso è emersa l’esigenza di fare un passo indietro: niente “passaporto”, ma più controlli a sorpresa sangue-urine da parte del Coni, come del resto avevo auspicato. Avanti con la costituzione di una Lega forte e di tutti. Al momento si è arrivati alla costituzione di un gruppo di lavoro (Baldini, Baron, Brocci, Di Fresco, Di Leo, Valerio Lucchini, Pasqui e Selleri) che avrà il compito di interfacciarsi con il presidente Di Rocco che è tornato - come auspicato - a prendere in mano la situazione. Il gruppo di lavoro dovrà anche confrontarsi con il dottor Luigi Simonetto e per farlo nel modo più professionale è stata avanzata la proposta di chiedere una consulenza/disponibilità al presidente dei medici del ciclismo Roberto Corsetti, il quale si è riservato di valutare la situazione e dare a breve una risposta che al momento di scrivere non ho. Mi auguro solo che il dottor Corsetti, se mai accetterà il ruolo di tutor scientifico, decida di proseguire su una linea da lui già tracciata: esami antidoping serrati e a sorpresa, sangue/urine e quant’altro, no a passaporti biologici o surrogati. Detto questo, dopo tanta confusione, forse, si è tornati tutti al punto di partenza per riprendere il cammino. L’augurio è che il presidente Di Rocco sappia ora dettare le linee guida di una Lega Dilettanti forte e credibile. Che il presidente non consenta più che ci siano più figli e figliastri, squadre di serie A B o C. Senza conflitti d’interessi o interessi personali. Ho sempre pensato che “il passaporto di Gaiole” fosse la classica foglia di
fico per coprire le vergogne di molti e garantire l’immunità di pochi. I controlli a sorpresa e a tappeto da parte del Coni - se saranno adottati - metteranno tutti sullo stesso piano. Altro che Giro Bio: solo il Coni ci può garantire il vero Giro: di vite.
Pier Augusto Stagi
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