Ivan BASSO 10. «La strada che sta seguendo il Giro è quella Giusta, la apprezziamo molto. Il gruppo ha capito che non si può più continuare come in passato. Sono molto contento che ci sia il duello tra Basso e Evans. Sono due superbi corridori, puliti al 100% e stanno dando una grande immagine al nostro movimento». Le parole di Pat McQuaid a Plan de Corones, valgono quanto se non più di un Giro d’Italia vinto.
Vincenzo NIBALI 9. Non doveva esserci, invece c’è: e si vede. Anche sul podio. Il futuro è suo. Il futuro è nostro.
LIQUIGAS 9. Per la pazienza e per i 9 corridori portati al traguardo (sono gli unici). Per due settimane sono il bersaglio prediletto di tutti e vengono riempiti di epiteti: scellerati, incompetenti, incapaci. Poi cominciano a rincorrere tutto e tutti e mettono a tacere uno ad uno i sapientoni del gruppo. Amadio incassa i colpi, Zanatta predispone il piano di riscossa, i ragazzi sono semplicemente perfetti: quanto i loro capitani.
Angelo ZOMEGNAN 9. Disegna un Giro verticale, fatto di montagne e discese, ma anche di vento, pioggia e strade sterrate. Insomma, nel suo Giro ci sono tutti gli ingredienti per elevare al rango di grande un corridore in particolare, ma tutti nello specifico.
AQUILA 9. Quì finisce la prima parte di Giro e ne comincia immediatamente una ancora più spettacolare. È la tappa della «fuga anomala», quella ordita dagli uomini di Sky, Cervelo e Caisse d’Epargne. 56 uomini all’attacco: Amador, Arroyo, Jeannesson, Kiryenka, Losada, Dall’Antonia, Angnoli, Kiserlovski, Vanotti, Bertogliati, Ochoa, Serpa, Wurf, Sastre, Tondo Volpini, Gustov, Wyss, Wiggins, Barry, Possoni, Cummings, Bakelandts, De Greef, M. Lloyd, Wegelius, Porte, C.Soerensen, Didler, Gaudin, Voeckler, Trofimov, Caruso, Petrov, Horrach, Codol, Donati, Dupont, A. Efimkin, Jufre, Stangelj, Moncoutie, Fauchard, Millar, Martin, Chela, Mayoz, Gerdemann, Russ, Cataldo, Pineau, Kruijswijk, Ardila, Bookwalter, Pozzovivo, Goss e Bono. Li elenchiamo tutti, perché tutti contribuiscono a cambiare il volto di questo Giro. A renderlo più incerto e indecifrabile. Chi pensa di averlo perso, riesce alla fine a vincerlo. Chi ce l’aveva in mano (vedi Sastre, voto 4) lo perde mestamente.
David ARROYO 8. Fa quello che può, ed è molto. Nulla può contro lo strapotere di una squadra perfetta e un corridore di classe immensa. Lungo la discesa del Mortirolo pensa di far saltare ancora il banco. Il giorno dopo, pedalando verso il Gavia, capisce che è meglio non esagerare. Rischia di perdere altri minuti. Meglio secondi, penserà.
Michele SCARPONI 8. Se non ci fosse l’imboscata di Aquila, per lui ci sarebbe stato anche il podio. Lo perde per pochissimo, ma vince la sfida più bella: batte la diffidenza.
Cadel EVANS 7. Corre come è solito fare lui: sempre all’attacco. Poi un virus maligno lo mette in croce, ma nonostante gli consiglino di fare le valige, lui resta per lottare fino alla fine. Un vero campione del mondo.
Alexandre VINOKOUROV 5. Per l’impegno e la sua spregiudicatezza sarebbe da otto, ma quando sul tavolo verde si scommette e si perde c’è poco da dire. Nella tappa di l’Aquila decide di non difendere la maglia (voto 2). Fa saltare i nervi e i piani a quasi tutti. Vuole far perdere il Giro ai Liquigas e lo perde lui.
Damiano CUNEGO 5. Dice di voler puntare ad una tappa e di non credere alla classifica. Si trova a fare la classifica e non riesce a vincere uno straccio di tappa. Però ci dà dentro, lotta fino alla fine. E se non ci fosse stata la tappa di l’Aquila, un posto nei dieci era sicuro.
Riccardo RICCO’ 1. Uno come l’anno che lo separa dalla corsa rosa, quando tornerà ufficialmente nel Giro. Uno come il traguardo da raggiungere, l’obiettivo da centrare. Uno come il consiglio che mi sento di dargli: torni a pedalare con umiltà. Senza prosopopea e inganni. Ognuno di noi è utile, nessuno è indispensabile.
Giuseppe D’ONOFRIO 0. Non ci sono parole e quindi non ci sono voti. A livello di etica e trasparenza siamo a zero. Giuseppe D’Onofrio è un ematologo di fama, che opera al Policlinico Gemelli di Roma. In passato ha fatto tutto e il contrario di tutto. Come perito ha accusato la Juventus e Conconi di doping e difeso dal doping nientemeno che Michele Ferrari. Recentissimamente ha fatto parte della congrega dei nove esperti dell’Uci che hanno definito «altamente probabili» le irregolarità del passaporto biologico di Franco Pellizotti. Il 17 maggio scorso la Procura Antidoping ha ascoltato il corridore, il suo avvocato (Taminelli) e il perito di parte (il professor Giuseppe Banfi). In un secondo momento la Procura ha deciso di nominare come proprio perito di parte Giuseppe d’Onofrio. Esattamente, avete letto proprio bene: lui che ha valutato assieme ad altri otto colleghi il passaporto biologico di Pellizotti, ora è chiamato dalla Procura a stabilire il proprio operato. Il suo e quello dei suoi otto colleghi consulenti. Il suo e quello di Michael Ashenden, Michel Audran e Olaf Schumacher: i tre esperti che a tutti gli effetti hanno di fatto costretto ai box il corridore friulano. D’Onofrio, colui che ha ritenuto «altamente probabili» le irregolarità del passaporto di Pellizotti, è chiamato a dire che non si è sbagliato. Semplicemente incredibile.
Franco BALLERINI 100. Ce ne vorrebbero cento ma a me bastava lui. In questo Giro d’Italia ho sentito la sua mancanza. Mi sono mancate le sue telefonate, le sue osservazioni, i suoi incontri al villaggio di partenza, i suoi garbati modi di intendere il ciclismo e stemperare le tensioni. Vince Ivan e io penso a Franco. Ho ritrovato Ivan, il mio campione, ma me ne manca uno.
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