Da Fausto Coppi: gli anni e le strade, il progetto editoriale a più voci ideato e curato da Gianni Rossi e Gino Cervi, in occasione del novantesimo anniversario della nascita (15.9.1919) e del cinquantesinmo anniversario della scomparsa (2.1.2010) del Campionissimo, di prossima uscita per le Edizioni Bolis di Bergamo, anticipiamo per gentile concessione dei curatori e dell’editore il contributo di Gian Paolo Porreca.
Fausto Coppi amava particolarmente il Sud, e la Campania in specie, si racconta. Per la devozione trasparente, innanzitutto, di un reduce della guerra. In Campania, difatti, sbarcato nel febbraio ’45 a Napoli dalla prigionia in Africa, Fausto Coppi fu trasferito nel campo RAF di Caserta, come attendente di un ufficiale inglese, di nome Towell, che poco o nulla sapeva di ciclismo. E lì avrebbe ritrovato, per l’intercessione popolare di Gino Palumbo, capo del servizi sportivi de La Voce, e i buoni uffici del patron del Giro della Campania “don” Vincenzo Milano e del cavaliere Peppino Improta dell’Unione Velocipedistica Italiana, una bici amica su cui riprendere ad allenarsi. Sulla bicicletta di un artigiano di Frattamaggiore, di nome D’Avino, ricominciava il tragitto per la gloria.
E Fausto Coppi, più in là nel tempo, avrebbe amato particolarmente la Campania, molto di più. E quell’anno fatidico - era il 1954 - in una maniera del tutto speciale. L’avrebbe amata da campione del mondo, con la maglia iridata conquistata nell’agosto prima a Lugano, con quel belga Germain Derjicke ancora disperso sulla Crespera. E di più ancora, molto di più, come può solo un campione del mondo innamorato.
Il Giro della Campania 1954, diretto dal compianto Riccardo Cassero, capo dei servizi sportivi de Il Mattino, avrebbe salutato la prima delle due vittorie ottenute dal Campionissimo - vincitore anche nella edizione successiva - nella più antica competizione del ciclismo meridionale.
Si sarebbe illustrata, la gara, di un robusto attacco di coppia, firmato Michele Gismondi e Bernard Gauthier, di un inseguimento aristocratico di Fausto Coppi sortito come un rapace sul Valico di Chiunzi e concluso - da primatista dell’ora in carica qual era - sul passo, sulla prima tratta dell’autostrada Napoli-Pompei. Anzi, nello specifico, Pompei-Napoli...
Fino alla volata senza dubbi, sull’Arenaccia, il romantico velodromo partenopeo in cemento, al cospetto di una di quelle folle straripanti e plaudenti intorno al ciclismo nelle foto dell’epoca, che a rivederle oggi infonde tanta inguaribile nostalgia. Primo, l’iridato Fausto Coppi, secondo il fedele Gismondi, l’uomo gentile che sfiorava i Mondiali, terzo Gauthier, il “cuore di Lione”, l’uomo forte che vinceva le Bordeaux-Parigi...
Ma il traguardo della classica di primavera del Sud, profumata di ginestre e gelsomini della tradizione, salutata dai gerani affacciati dai balconcini del tempo, sarebbe stato ancora in credito, per il campione di Novi Ligure, anche dopo lo sprint formale, di una emozione inaudita. Per il ciclismo e per Coppi, che ne fu primo autore. C’era difatti in arrivo, senza fiato, il bacio di una miss riservata, c’era in carovana ospite di onore segreta (per gli altri, almeno...) Giulia Occhini, l’amore proibito per l’Italia ed il ciclismo.
«Allora le donne non potevano seguire le corse ciclistiche, per regolamento, e così noi travestimmo da uomo Giulia Occhini, la “Dama bianca” come felicemente l’aveva definita a Lugano Pierre Chany, con tanto di cappellone e giubbotto, e ce la infilammo come una spia, manco fosse una Mata-Hari, nella vettura del giornale», ci raccontava con un sorriso ancora complice il caro Cassero, cinquanta anni dopo.
L’amore al comando, come un airone finalmente ad ali spiegate, volteggiava sulla fantasia e sulla Costiera. E Fausto Coppi avrebbe amato di un amore ancor più corrisposto quella Campania. Dove, da giovane e da atleta, nel 1945 aveva recuperato una speranza. E nella primavera di grazia 1954, si sussurrava, in fuga di coppia al «Santa Caterina» di Amalfi, una trepida illusione di eternità.
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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