Non sappiamo, vivendoci immersi dentro fino al debito di fiato e di pazienza, quale Napoli saluterà il Giro. Non sappiamo, frequentando ogni giorno, e più volte al giorno, le sue strade rattoppate e i suoi lavori rapidamente aggiudicati e perennemente in corso, se questa Napoli edizione 2009 mancherà poi davvero alla memoria futura del Giro, più di quanto ai suoi ciclofili amorosi e non chiassosi sia mancato negli anni passati il Giro.
Ma tant’è. Il ciclismo, dalle nostre parti, sembra interpretare una ideologia di culto. Un film d’essai. Più Zurlini che non i fratelli Taviani. E senza l’incentivo delle attribuzioni politiche, o di un passaggio filtrante da Fabio Fazio, per giunta.
Ma comunque vada, e ringraziando in anticipo Zomegnan e la Gazzetta di una apertura di credito che ci auguriamo sia guadagnata a cielo aperto, è confortante, con una punta di egoismo, avere oggi da illustrare i Giri a Napoli.
Ci sono storie e vincitori, e per ognuno ci vorrebbe un ritaglio. Ampiamente indenni dal nozionismo arido, perché il ciclismo, si sa, non è una sommatoria di gol.
Da Belloni, l’eterno secondo che a Napoli fu quattro volte primo, a Guerra, che di una città naturalmente monarchica fu acclamato sul campo presidente...
Da Coppi a Brasola, da Casola a Van Steenbergen, due volte primo, a Rino Bruni che vi indossò una maglia rosa insperata, il primo giorno del Giro ’60, aggiudicandosi sul velodromo dell’Arenaccia la Roma-Napoli di apertura. Fino a Basso, due successi, a Willy Planckaert e a Reybroeck, ad Eddy Merckx
che vi si aggiudicò il suo primo Giro, nel ’68. E a Francesco Moser, primo, a cronometro, nel ’79... Per arrivare al Mario Cipollini imperioso, su via Caracciolo, del ’96.
Vittorie, vittorie. Applausi, trionfi. Tutte quelle cose che nel filone trainante dello spettacolo coreografico e del plauso di piazza, in una città come Napoli hanno trovato sempre una interfacie spontanea e una scorciatoia comodamente perfetta.
E non riusciamo a spiegarci bene il perché, o sarà solo la nostra naturale distanza da una napoletanità ovviamente coniugata al potere “costi-quel-che-costi”, ci venga al contrario da eleggere ad eroe più caro del Giro a Napoli, un ciclista che a Napoli il Giro invece lo perse, il 24 maggio 1967, uno spagnolo lontano, dal nome musicale di hidalgo: Antonio Gomez del Moral.
Gomez del Moral, classe 1939, scalatore discreto, già due volte piazzato di giornata al Giro ’64, disputava quell’anno il suo secondo Giro d’Italia: maglia Kas, la formazione solida di Perez Frances e Gabica, le montagne già allora per amiche di quella squadra, ancor prima dell’epoca di Fuente. E aveva conquistato a La Spezia, un paio di giorni prima, staccando in discesa Silvano Schiavon, il suo unico successo di tappa e la sua prima maglia rosa al Giro.
Il 24 maggio, appunto, si correva tranquillamente la Roma-Napoli, frazione di trasferimento: tutti in gruppo, in previsione di un verosimile volatone finale. Fino alla strettoia su quel maledetto ponte in costruzione sul Volturno, a 40 chilometri da Napoli, e alla caduta che coinvolse appunto, tra i più sfortunati, il leader Gomez del Moral.
Chi attaccò per primo, proditoriamente, quella maglia rosa ferita, non lo si seppe mai davvero. Dancelli, che a Napoli avrebbe indossato il primato, giurò a Gomez del Moral, in lacrime, che erano stati i belgi della Romeo-Smiths ad attaccare, per lanciare Planckaert. Mentre lo stesso Planckaert, primo di tappa, sosteneva al contrario che era stato Dancelli, e i suoi della Vittadello, a scatenare la bagarre. Cose di strada, cose di corse.
Antonio Gomez del Moral - “Moral”, quale termine allusivamente prezioso, per la vita e per il ciclismo di oggi - avrebbe consegnato a Napoli, nel 1967, una indimenticabile maglia rosa lacera e contusa. Ci commuove oggi, tanti anni dopo, nel segno di un nuovo Giro che avanza come fosse ancora vero, l’illusione di potergliela restituire intatta di gloria e di speranza, come solo la suggestione del ricordo può fare.
Gian Paolo Porreca,
napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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