Caro Pà,
siamo rimasti soli, PERFETTAMENTE soli, anche questa domenica di fine giugno, come piaceva anche a te, mi sembra. “E che le donne vadano pure al mare...”, come dicevi tu scienziato di fisica, amante dell’ombra e del laboratorio, tra i principi di Lavoisier e di Cavendish, con il caldo atroce che fa. Siamo rimasti, le imposte di casa chiuse, “guai a fare entrare l’aria calda”, a pensare a te, che da qualche settimana non ci sei più e per sempre, al mio modesto specifico, la rubrica da scrivere, a quel “fondamentale” Tour che ci sarà... Già, quel Tour che tu amavi tanto, come lo avrei amato poi io: e che non c’è più.
Il mondo e il ciclismo, su questo globo che va a ruota libera, per i fatti suoi, e dove invece dell’obbligo della bici danno la chance della patente di guida a 16 anni, sono incredibilmente cambiati: e in peggio, di giorno in giorno, in progressioine geometrica. Ma non ci dilunghiamo oltre. (Di certo, vai, fatti un sorriso, se ti riesce, un repubblicano come sei stato tu, con il senno di poi oggi avrebbe votato - temporibus illis - per la monarchia, credimi...)
E non ti ricordiamo dei Tour di Anquetil e Nencini, ti ricordi il dramma di Riviere?, di Gaul e Carlesi, oltre tu cronisticamente non sei andato, fatto salvo Pantani, ma mi hai dato in quegli anni l’abbrivio per arrivare poi convinto, per forza d’inerzia sollecitata, fino ad oggi: e forse non oltre.
Sei stato il primo, un giorno di luglio che ricordo ancora, a cancellare dalla mia mente adolescente il dubbio che potessero esistere dei ladri di biciclette: io, su una Bianchi 18 da corsa, con tutti gli attributi, la borraccia di latta e il cambio pure, a Carano, in vacanza, 1961, gli scugnizzi che me la guardavano minacciosi, e tu che ti girasti, li fulminasti con uno sguardo, e loro che dileguarono tutti spaventati.
Vedi, pa’, se potesse ancora bastare lo sguardo giusto di un uomo, oggi, in questo ciclismo e in questo mondo, ad allontanare il male, i lestofanti dalle biciclette, come sarebbe incredibilmente bello.
Qui, non è più, e non sarà più così. Si mette in dubbio anche l’ultimo Giro d’Italia, il sangue, le urine, il Coni contro l’Uci, e non capiamo e non conta sapere se la Federciclismo sia Coni o Uci, tutti malati di asma, i Medici del Ciclismo, l’Associazione dei Ciclisti, tutti con un avvocato di vedetta, vestiti di forma pura come gli avvocati, tutti ciclisti con una Ferrari o una Porsche nel cassetto o nel garage, fidanzate troppo giustamente belle, nessuno che realmente vada a lavorare per il senso sconfitto del dovere, prima di quello superfluo del diritto...
Sai, al Tour che verrà, non sappiamo ancora chi parteciperà. Si aspettano, dagli Organizzatori e dall’UCI, liste di proscrizione discretamente plausibili. Il vincitore del Giro ultimo, pensa un po’, ha detto che il Tour non gli piace, forse perché già consapevole che al Tour non garba affatto lui, e preferisce lo scarico agonistico ad hoc per andarsene a vincere poi in autunno la Corsa dei Campioni, negli Emirati Arabi: un milione di dollari di bottino, altro che il Tour e le sue regole morali e le immanenti sanzioni etiche a priori. Ma l’hai visto mai, se ti viene in mente, un ciclista sul serio, un ciclista davvero, uno come Massignan, uno come Van Est, li ricordi?, che non ami il Tour ?
In ogni caso, solo come sono, mi ha fatto compagnia oggi un nome che ti dedico, perdonami il gioco dell’omonimia, e mi scusino i lettori per il parallelo arduo.
C’è qui, inattesa, di buon auspicio una nuova legge, a cui un professore di fisica come sei stato tu non può che guardare, dall’alto, con curiosità.
C’è infatti la Legge dell’inglese Cavendish, no, non Henry, quello della bilancia (1780) che misurava l’attrazione gravitazionale, e che era un bel ragionamento... No, bensì quella di un suo omonimo connazionale, di un ciclista inedito, T-Mobile, Mark Cavendish, che per primo (2007) ha firmato la Regola di Onore di uno sport diverso. Il primo - “non ho idoli” - a sottoscrivere coraggiosamente l’impegno UCI di un nuovo corso contro il doping strisciante e l’omertà palese di questo nostro sport allo sbando: mettendo in gioco il proprio nome e il contratto...
La Seconda Legge di Cavendish. E passi pure questo enunciato, come un assioma solare, in una giornata di fine giugno. (Con le scuse di un figlio che non ha mai studiato bene la prima, perchè ha trovato sempre più congeniale a sè la coscienza, della scienza).
ciao,
tuo figlio
Gian Paolo Porreca, napoletano,
docente universitario di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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