E’ curioso davvero, e di certo squisitamente ciclistico, per chi continua a pensare - malato o beato lui... - che il ciclismo sia un incredibile ombelico del cuore, il sentimento in bilico che ci muove a parlare di Boogerd e della sua ultima Amstel Gold Race. Volevamo articolare solo una riflessione a tesi sul come, con l’addio annunciato alle corse di Michael Boogerd, si vada ad impoverire ulteriormente un bacino autentico fondamentale per il ciclismo, come quello dell'Olanda: lì, tra i mulini ed i canali, dove prima che a camminare i bambini imparano a pedalare...
Boogerd, già, classe ’72, quell’ultimo tulipano - dopo Erik Dekker, già ritiratosi nel 2006 - a testimoniare una presenza assidua e competitiva nelle classiche di un giorno, Lombardia e Liegi comprese, e sinanco al Tour.
Boogerd, che sta quanto a fatalità alla “sua” Amstel un po’ come Criquelion alla “sua” Liegi, per quella (comune) cronica e tenera carenza di velocità, lui ed i suoi quattro secondi posti ed i due terzi ed una aureola di piazzamenti, con l’estremo quinto di questa ultima edizione: anche se a differenza di Claude Criquelion, vittima prediletta di Argentin, il sapore della vittoria nella corsa del cuore Boogerd almeno l’ha assaporato, nel ’99, in un serrato testa a testa contro Armstrong.
Boogerd, allora, quinto e primissimo dei suoi, in un ordine di arrivo 2007 che presenta un solo altro olandese, quel predestinato Thomas Dekker vincitore di una strabiliante Tirreno-Adriatico l’anno scorso e poi discretamente appannato, ad onta della rutilante divisa della Rabobank, lui unico altro tra i primi trenta arrivati...
Ed il commiato di Boogerd scaverà, dicevamo, certamente una ulteriore indesiderata frattura, proprio in quella Olanda che venera il Ciclista come un patrono quotidiano e non lo considera mica un paria, nel meccanismo sociale che induce sempre più raramente i giovani a prediligere il ciclismo come pratica sportiva agonistica, pur partendo semmai da una vocazione naturale.
Boogerd è andato via, con il suo abituale sorriso, sin troppo ampio, con una serena presa di coscienza: «pazienza, sono arrivato quinto, ed è un traguardo anche questo, perché nell’Amstel quinto non ero mai arrivato».
Sarà, ma a noi piace più ricordargli, ed a buona ragione, vista la sua integrità atletica, come nella vita e nello sport, spesso le ultime parole possano diventare penultime. Ed in Olanda, terra di ciclismo ed amore, per l’appunto.
Ci viene da pensare, infatti, alla Amstel Gold Race di venti anni fa, 1987, quella edizione che Joop Zoetemelk conquistò a 40 anni compiuti, dopo averla voluta correre
una volta in più per forza e per virtù, cancellando di fatto la sua decisione di chiudere la carriera già l’anno prima: 39 anni, e con la maglia iridata conquistata in Italia indosso.
Zoetemelk aveva perso, come Boogerd quest’anno, la sua ultima Amstel della previsione annunciata, quella dell’86: in uno sprint impietoso contro Stefan Rooks. Ma non riuscì, da campione orgoglioso qual era, a privarsi di una chance ulteriore di una vittoria mai provata. Cosa che gli riuscì l'anno dopo, nel 1987 appunto, ben quindici anni dopo il suo primo podio del ’72... Diciamo pure che non gli piacque l’addio, tanto da consentirsene la replica.
Eallora, caro Michael, per spirito di servizio verso quell’Olanda indivisa dell’amore e del ciclismo, al cospetto di questi tuoi giovani allievi così modesti a cui proporti eventualmente come modello, e con Maarten Den Bakker che a 38 anni pedala ancora, e con l’esempio illuminante di Zoetemelk, perchè non provarci all'Amstel una volta ancora ?
Gian Paolo Porreca,
napoletano, docente universitario di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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