LETTERA A POGACAR: L'AMORE DEL ’73 E QUEL BACIO DEL 2024
di Gian Paolo Porreca
aro Pogacar,
oppure caro Tadej, con la tua giovane semplicità scegli pure quale formalità di approccio preferisci, io sono qui a ringraziarti infinitamente per il Giro del 2024 che hai appena vinto, dominando, e conquistando in quale modo fulgido traguardi di arrivo e gente di strada.
Sono qui a ringraziarti, e per lettera, certo un sistema di comunicazione che ai tempi di oggi, in una attualità che tu a 25 anni domini molto meglio di chi come me - per quanto questo riferimento personale conti - a 74 anni, a costo di negare i social, può apparire impresentabile. (Quantunque, te lo concedo, e sorriderai con me, non ti scrivo su un foglio di carta Extra Strong con la Pilot blù di ordinanza sentimentale, bensì sui tasti di un PC...)
Sono qui, e perdonami un esordio farraginoso, non scatto più come prima, vado grigio di passo. Ma voglio ringraziarti ancora più fortemente di qualsiasi ragazzino miracolosamente folgorato dalle tue gesta ad Oropa o a Bassano del Grappa, un ragazzino coniugato al futuro, per la capacità inattesa ed inaudita che hai avuto per me, niente affatto giovane e molto più che uomo maturo, di restituirmi intatta l’emozione - non l’avrei più pensato, potesse andare nuovamente in onda - di quel Giro del ’73, tanto spesso rievocato in questi giorni per i paralleli fra il tuo successo e la vittoria di Merckx allora, il tanto lontano “mio”Giro.
Intatta, l’emozione, non sorriderne, di un Giro che fu all’amore per me, quello.
Come un Giro al bacio, rivedo l’abbraccio radioso alla tua Urska dopo il successo finale a Roma, è stato a cielo aperto questo per te.
Tu, e il Giro del 2024, e le vittorie di tappa e le maglie rosa indossate da contare e raccontare bene. Io, e il Giro del 1973, un Giro d’Italia europeo, quello di Eddy Merckx, la trainante analogia, primo con Roger Swerts nel cronoprologo a coppie di Verviers, e poi in rosa dal successivo sprint vittorioso di Colonia, per 20 tappe, sino appunto al traguardo conclusivo di Trieste.
Tu e il tuo amore biondo di oggi, ciclista anche lei, e di talento, Urska. Io e l’amore bruno di allora, 1973, per una ragazza che ciclista non era, studiava medicina, e il ciclismo non amava granchè, appassionata molto più di calcio, come si usa a Napoli.
E mi hai dunque restituito il mio stantio ieri, in un pomeriggio di maggio, e quella promessa arcana con lei dinanzi ad un televisore del ’73, e ad uno sprint conquistato a tavolino dal fiammingo Gustaaf Van Roosbroeck, protagonista di un giorno solo, era la tappa di Strasburgo, e quanta primavera di luce negli occhi suoi innamorati.
«Ti giuro che un giorno ti sposerò, Gabri, se domattina, all’Università mi porti davvero scritto in stampatello e senza un solo errore il nome e cognome del ciclista belga che ha vinto ieri».
Vedi, Tadej, ho tuttora conservato quel bigliettino in carta ruvida, consegnato sulle scale della Chimica Biologica, e lei non avrebbe sbagliato al controllo ortografico neanche il raddoppio delle vocali, e divenne ed è ancora oggi mia moglie, e primavera viva negli occhi suoi.
Per l’amore e per l' incantesimo del ciclismo, e sarà la magia della memoria, ma così il tuo 2024 sorride al mio 1973.
Auguri a te e ad Urska, il primo Giro d’Italia è già vostro, anche di coppia.