Torna Pantani, torna Gotti, torna Tonkov, ecco Zuelle Manca “solo” il Mortirolo
di Cristiano Gatti
Torna Pantani, torna Gotti, torna Tonkov. E arriva Zuelle. Maggio è proprio un bel mese: riporta il Giro d’Italia nei tinelli degli italiani, da mattina a notte una lunga no stop ciclotelevisiva con brevissime interruzioni per i pasti, un po’ di lavoro, un po’ di pipì e qualche telefonata. Le classiche sono emozioni brevi e violente: quel Ballerini che col suo quintale di muscoli sfiora lieve le mulattiere di pavè infangato, o quel Bartoli che saluta tutti per la seconda volta a Liegi, resteranno a lungo nella memoria della gente. È la memorabile impresa di un giorno, basta un flash per fissarlo nell’animo di chi apprezza questi gesti. Invece la corsa a tappe è un lento susseguirsi di avvenimenti, una consequenziale catena di fotogrammi, se ne salta uno saltano anche tutti gli altri. La classica è l’emozione fotografica, il Giro è un bel film. Chi vince la corsa in linea vince una battaglia. Chi vince la corsa a tappe vince una guerra.
Questa volta sarà una grande guerra, con un sacco di bei generali che hanno voglia di diventare Napoleone. Torna Pantani, torna Gotti, torna Tonkov. E arriva Zuelle. Lo sappiamo tutti, manca soltanto Jan Ullrich, il nuovo Giulio Cesare: ma così com’è messo in questo periodo, se venisse vedremmo più che altro un obeso Nerone, reduce da baccanali e strafogate, in gara al massimo per perdere un po’ di cellulite sui fianchi. No, le esperienze dei vari Lemond e Fignon ci hanno pure insegnato qualcosa: quando gli stranieri vengono in Italia a cercare la forma e a preparare il Tour, finiscono per declassare il Giro al rango di simpatica scampagnata per illustri turisti. Lo umiliano, altro che nobilitarlo con la loro prestigiosa presenza.
Perché una corsa sia divertente, non deve avere al via tutti i nomi reperibili sul mercato. Piuttosto, deve avere tutti quelli che puntano a vincerla. Bastano loro. E quest’anno bisogna dire che non si può chiedere niente di più. Se poi qualcuno salta di nuovo su a dire che è un Giro mutilato perché manca Jalabert, alla prima salita immancabilmente oltre il quarto d’ora, è meglio lasciar perdere il discorso: a quel punto invitiamo anche Bjorn Borg e Raimondo D’Inzeo, così possiamo finalmente dire che il cast è autorevole.
Torna Pantani, torna Gotti, torna Tonkov. E arriva Zuelle. Abbiamo i meglio ciclisti del momento. Ci sta pure Bartoli, che magari non vincerà la classifica finale, ma lascerà comunque un segno (per lui vedo il ruolo che negli ultimi anni interpretava benissimo Argentin: blitz, agguati, vittorie e magari qualche giorno in rosa). Niente da dire, siamo a posto. Se una critica va mossa ai costruttori del Giro, e qui chiedo scusa per il tormentone, riguarda soltanto il Mortirolo. Pace all’anima sua.
Che l’abbiano tolto dopo anni di grandi sfide finali, col risultato in bilico fino all’ultima tappa, con folle oceaniche sui tremendi tornanti, con ciclisti schiantati e ammiraglie fuse in diretta tivù, resta un crimine imperdonabile. Forse, un giorno, il tribunale della storia sportiva chiamerà Castellano e Cannavò a rispondere del loro delitto. Soprattutto, non potranno ottenere indulgenze per la particolare efferatezza del loro gesto: anzichè costruire un mito di montagna nel mito rosa, hanno abolito la più bella salita del mondo proprio nell’anno in cui l’Italia esprime i due scalatori più forti del mondo, Pantani e Gotti (se qualcuno dice che manca Virenque, giuro che gli faccio scrivere dall’avvocato: stiamo parlando di cose serie, non di cabaret).
Andiamo al Giro, ma andiamoci con un po’ di magone: personalmente fatico a rimuovere l’idea di quale giornata avremmo vissuto sul Mortirolo, con Pantani e Gotti chiamati a decidere il Giro in un formidabile e spietato confronto diretto, senza strategie di squadra, senza problemi di lenticolari a cronometro, senza calcolini sugli abbuoni. Comunque vedremo di adeguarci, sempre pronti però a rinfacciare le loro colpe agli assassini del Mortirolo. Da questo punto di vista, devo rivolgere personali e sentiti ringraziamenti a tutti quelli che hanno telefonato a mandato fax per aderire entusiasticamente al «Comitato per la resurrezione del Mortirolo», movimento molto ideale e senza una lira in tasca. Ai valorosi soci, solo un’assicurazione: il Comitato è vivo e lotta in mezzo a noi.
Cristiano Gatti, 41anni,
bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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