A che età hai scoperto la bici? «A 8 anni, grazie alla passione di papà Roberto. La mia prima squadra è stata il team Teate di Chieti in cui sono stato cresciuto da Roberto Marraccino, poi sono passato sotto l'ala di Michele Cataldo, il padre di Dario (professionista dell'Astana, ndr). Da lì in poi ho seguito tutte le trafile giovanili finchè quattro anni fa mi sono trasferito in provincia di Bergamo per provare a fare sul serio con il ciclismo. Negli ultimi due anni ho vestito la maglia del Team Colpack, conquistando otto vittorie».
Ti aspettavi di iniziare così forte il 2016? «Sinceramente no. Il primo anno da professionista è importante, sto accumulando tanta esperienza e mi sto anche togliendo qualche soddisfazione. Mi ispiro a Joaquim Rodriguez e ammiro moltissimo Alberto Contador, correre al fianco dei grandi è una bella sensazione. Nonostante le andature siano diverse, mi trovo più a mio agio tra i professionisti che tra i dilettanti dove non c'è una vera logica di gara. È un modo di correre che si addice di più alle mie caratteristiche».
Cosa ti aspetti dal tuo primo Giro d'Italia? «Attendo che lunedì la squadra ufficializzi i convocati per la corsa rosa. Nel caso Bruno e Roberto Reverberi mi daranno la possibilità di essere al via sicuramente sarà un'altra esperienza importante per me. Lavorerò per la squadra, starò vicino ai miei compagni e cercherò di imparare alla svelta cosa vuol dire una grande corsa a tappe. Le salite del Giro non mi spaventano, ma le tre settimane di corsa sono un salto nel vuoto perchè non ho mai corso per così tanti giorni di seguito. In realtà non ho mai superato gli 8... Sarò felice e orgoglioso di essere convocato per una corsa così prestigiosa, darò il massimo».
Sul polso sinistro hai un tatuaggio, cosa rappresenta? «È una bici in cui le ruote vanno a comporre il segno dell'infinito perchè qualunque sarà il mio futuro la bici farà sempre parte di me».
da Malè, Giulia De Maio
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