Ivano Fanini, una storia tutta da leggere

INTERVISTA | 30/09/2015 | 11:36
Ivano Fanini è un personaggio del mondo del ciclismo che ha tantissimi ammiratori ma anche molti detrattori. È da sempre un uomo che ha fatto discutere: nel bene e nel male. In imprenditore capace di provocare e spiazzare, dividere ma anche unire. Un cosa è certa: non è un uomo banale. Per questo vi proponiamo una intervista che è apparsa in questi giorni sul mensile L'Eracliano, a firma Carlo Pellegrini, nella quale emerge la storia di un uomo che per il ciclismo è arrivato anche a combattere battaglie importantissime solo per il fatto di amarlo alla follia.


Sebbene si viva in un mondo dominato dal calcio, il ciclismo, come competizione sportiva, ci accompagna sin dopo la metà dell'800. Nel corso dei decenni questo sport ha raggiunto i livelli più impensabili coinvolgendo milioni di persone. Oggi il ciclismo, pur rivelando qualche episodio increscioso, richiama un numero incalcolabile di ammiratori e di emuli. Ivano Fanini, fondatore e presidente della celebre squadra ciclistica, «Amore &Vita», ci ha rilasciato la seguente intervista.

Come e quando è nata la sua squadra ciclistica? E perché l’ha denominata Amore e Vita?
«Il team Fanini fu fondato nel 1948, da mio padre Lorenzo. A quell'epoca faceva squadre di dilettanti ma poi negli anni, pian piano, con la collaborazione di tutti noi quattro fratelli, siamo cresciuti e ci siamo espansi  in tutte le categorie. Prima ci ha messo in bicicletta tutti e devo ammettere che, chi più chi meno, ci siamo tolti le nostre soddisfazioni vincendo molte corse. Attaccata la bici al chiodo Pietro, Michele, Brunello ed io, abbiamo affiancato nostro padre creando qualcosa di veramente unico in quell’epoca, una vera e propria scuola di ciclismo che partiva dai giovanissimi e arrivava ai dilettanti e che poteva vantare anche di squadre amatoriali e femminili. Centinaia di persone correvano con i colori e le bici Fanini ed era fantastico. Proprio da qui sono nati e cresciuti ciclisticamente i vari Mario Cipollini, Michele Bartoli, Andrea Tafi, Rolf Sorensen ecc. Poi nel 1973, a soli 22 anni, feci il mio ingresso nel mondo del professionismo con un singolo atleta, Olimpio Paolinelli, che portavo a correre con di Gimondi, Fuente, Motta, Merckx con la maglia bianco-celeste con la sola scritta Fanini.  Dopo di che, nel 1984 presi la decisione ed il coraggio di formare il primo team Fanini professionistico. Da quel giorno ormai sono già passati 31 anni.
Anni in cui siamo sempre stati presenti nelle principali gare ciclistiche professionistiche a livello mondiale, ed in interrottamente registrati all'unione ciclistica Internazionale (UCI). Questo oggi ci rende di fatto il team professionistico più vecchio al mondo ed è una cosa a cui vado molto fiero. Il messaggio di Amore e Vita invece è nato nel 1989 ma fu posta sulle maglie soltanto nel 1990. Nacque tutto da una mia idea insieme a quella di Roberto Formigoni per le nostre posizioni contro l’aborto ma ben presto decisi per un messaggio più totale di amore per la vita e soprattutto sotto il prezioso appoggio del Papa Giovanni Paolo II oggi Santo, la squadra diventò definitivamente Amore e Vita. E proprio la figura del Santo Padre Karol Woytila è stata davvero molto importante e di grande ispirazione per me, ho avuto il privilegio di incontrarlo con i miei teams per ben 25 volte portandoci perfino Eddy Merckx».

Quali e quante soddisfazioni ha raccolto con la sua squadra? Me le può enumerare?
«Le soddisfazioni sono numerosissime forse anche troppe, molti fatti e vittorie rimarranno nella storia del ciclismo. Migliaia sono stati i tesserati passati nelle nostre squadre e migliaia sono anche le vittorie, al punto che oggi vantiamo ben 64 titoli nazionali, conquistati non solo in Italia ma in numerosi altri paesi del mondo e soprattutto 12 titoli mondiali che sono senza dubbio il nostro prestigio più grande. Però la gioia più grande me l’ha data sicuramente mia nipote Michela, quando vinse il Giro d’Italia femminile nel ’94. Mio fratello fece la squadra per lei ed oggi anche lui come me con Amore & Vita, continua ad andare avanti in onore ed in ricordo della nostra indimenticabile Michela e la sua squadra oggi è sicuramente la più storica del ciclismo professionistico femminile al mondo (al pari della nostra nel professionismo maschile). Detto questo, le soddisfazioni sono davvero molte, devo aggiungere però che abbiamo preso parte a ben 16 edizioni consecutive del Giro d'Italia vincendo 15 tappe, varie classifiche a squadre, e la classifica di miglior giovane (maglia bianca) con Stefano Tommasini. In ogni modo se dovessi elencare alcune tra le vittorie più belle che ricordo maggiormente segnalerei su tutte la vittoria di Rolf Sorensen nella Tirreno Adriatico, un campione dalla classe immensa che a soli vent'anni riuscì a battere Francesco Moser nella classifica generale della corsa dei due mari. Poi ricorderai le vittorie al giro d'Italia di Franco Chioccioli. Quella strepitosa di Alessio Di Basco sul lungomare di marina di Massa sempre al giro d'Italia 1988. Il campionato italiano su strada vinto da Pierino Gavazzi a 37 anni davanti a Giuseppe Saronni e Maurizio Fondriest nell'autodromo di Imola. La cronoscalata del San Luca vinta dal grande campione Giambattista Baronchelli, l'uomo che fece tremare Merckx al Giro d'Italia (2° a soli 12”) e che con noi ha corso due anni e terminato la sua gloriosa carriera. Ed infine, ma non perché meno importanti, le tre tappe che ci regalò (sempre al giro) lo svedese Glenn Magnusson davanti al mio pupillo Mario Cipollini (che ad oggi ha sempre il record di tutti i tempi al giro con 42 tappe conquistate). Per non parlare poi della pista, o nel ciclocross, due discipline dove abbiamo sempre dominato. Devo ricordare almeno i mondiali vinti da Golinelli e Risi che sono stati per me soddisfazione pura. Quest’ultimo poi (Risi) ha dominato tutte le Sei giorni più prestigiose al mondo per oltre un decennio. Ed i numerosi titoli nazionali conquistati con Paccagnella e Margon. Però vorrei ricordare anche un grandissimo "premio" che credo rimarrà storico, me lo ha concesso il presidente della FCI Renato di Rocco, insieme all’UCI ed a Bendetto Piccinini, inserendo nel percorso dei mondiali di Firenze la partenza da Lucca con il passaggio dei corridori in mezzo alle mie sedi di Lunata, una cosa che non è mai successa ad altre squadre. Ed un'altra grande soddisfazione non sportiva che però ci tengo a ricordare che grazie al sottoscritto oggi il casco è obbligatorio e per questo molte vite vengono salvate. Io fui il primo a renderlo obbligatorio nel 1990 ai miei corridori quando fondai Amore &Vita. Subii anche tante critiche per questo e alcuni atleti non disposti ad usarlo addirittura se ne andarono in altre squadre, però credo che questa cosa sia stata molto importante e la sento profondamente come merito personale. Anche essere riuscito a rilanciare un grande talento come Mattia Gavazzi, che in questa stagione è uno dei corridori più vittoriosi in Italia, non ha prezzo. Infine anche vedere nazioni come l’Inghilterra, l’Argentina, l’America, l’Ucraina, la Svizzera, il Sud Africa, la Polonia, la Svezia, la Danimarca e soprattutto l’Australia ad alti livelli nel ciclismo mondiale mi riempie di orgoglio e soddisfazione, perché sono tutte nazioni che ho contribuito personalmente a far sviluppare e sono stato il primo in assoluto a portare atleti di queste nazioni a correre in Italia».

In questi anni di attività agonistica qual è stato il momento più doloroso? E come ha saputo reagire?
Ho sognato per una vita di vedere mio figlio che era nato con tanto talento per la bicicletta, trionfare su qualsiasi traguardo. Ed invece essere stato costretto a consigliargli di smettere di correre a causa della piaga del doping, è una cosa che sinceramente mi ha fatto molto male. Avrebbe potuto esprimersi ad alti livelli se solo anche lui si fosse adeguato però alla fine è stato meglio così. È da lì che iniziano le mie battaglie 360° contro il doping e grazie anche a me dopo vent'anni oggi le cose sono molto migliorate e questa è decisamente una mia grande soddisfazione paragonabile ad una vittoria di un campionato del mondo, giro e tour messi insieme nello stesso anno».

Quale messaggio trasmette continuamente la sua squadra?
«Quella di fare ciclismo solo con tanto sacrificio, duro allenamento, sudore fatica, dedizione e il rispetto per la propria salute, ciò significa che se si deve essere costretti a ricorrere al doping allora è meglio fermarsi, trovare un lavoro e non perdere tempo nelle illusioni».

Quali progetti affida alla sua squadra per il prossimo futuro?
«I progetti per il prossimo futuro sono quelli di sperare di uscire dalla crisi generale per potersi così migliorare sempre di più. Per adesso cerchiamo di sopravvivere affiliando la squadra facendo comunque del nostro meglio per garantire il massimo Ai nostri corridori, andando a correre in tutto il mondo alla ricerca di nuovi talenti nuove sfide e nuove esperienze. Per esempio, quest’anno siamo già riusciti a vincere 8 corse in ben tre diversi continenti (America, Asia, Europa)».

Ivano Fanini, lei è considerato tra i più alti conoscitori del ciclismo internazionale. A suo avviso, il ciclismo di oggi, operato da tanti problemi, è ancora uno sport educativo? A quali condizioni?
«Il ciclismo oggi come tutti gli altri sport, dico tutti, ha dei problemi. Ma a mio avviso rimane comunque educativo specialmente se lo si fa con certi criteri.  Io posso dire a testa alta che grazie alle mie battaglie e alla mia idea di coinvolgere nella guerra al doping i NAS, ed al susseguente grande lavoro che stanno facendo (oggi addirittura vengono sostenuti dal CONI con contributi statali) insieme alla Guardia di Finanza, oggi questo sport sta cambiando radicalmente. I controlli sono molto più credibili ed intensi. Fortunatamente adesso il 90% di chi sbaglia paga e questo grazie anche ai miei interventi e a quelli Dei sopra citati che hanno fatto sì con le loro scoperte che venissero messe delle regole ferree. Morti come quelle accadute in passato a causa del doping non devono più avvenire. Solo il ciclismo per adesso avuto il coraggio di far rispettare certi criteri, quindi a questo punto vedo speranza, vedo il bicchiere mezzo pieno, se dovessi consigliare a un giovane di correre in bicicletta, pensando a quello che sarà il suo futuro, non lo intimerei a smettere come feci con mio figlio ma lo incoraggerei purché segua sempre gli ideali di amore per la vita che con il nostro team stiamo portando avanti».

Quali sono i campioni ciclisti da lei più amati e considerati? Perché?
«Il primo è sicuramente Gino Bartali, un campione assoluto in bicicletta e nella vita, un uomo che ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere profondamente e di averlo come direttore sportivo nella mia prima squadra di professionisti negli anni ottanta in coppia con l’amico di una vita, Piero Pieroni. Poi ricordo con molta ammirazione Pierino Gavazzi, Baronchelli, Chioccioli. veri campioni di saggezza ed umiltà. E poi quelli che ho avuto il privilegio di scoprire e lanciare sin da bambini, su tutti Mario Cipollini, Michele Bartoli e poi Rolf Sorensen e Andrea Tafi. Veri fuoriclasse che hanno scritto la storia del ciclismo negli ultimi trent'anni».

Quanti corridori dei suoi si sono arricchiti con il ciclismo?
«Di sicuro tanti oggi sono milionari, tutti quelli che ho citato in questa intervista sicuramente, mentre molti altri (ne cito solo tre) hanno preso proprio da me i primi soldi come premi per le loro vittoria. oltre a Cipollini (che per me rimarrà sempre il più forte velocista di tutti i tempi) e Bartoli (che considero il forte atleta da classiche degli ultimi 20 anni) a cui diedi le loro prime 100.000 lire per aver vinto da bambini qualche gara, voglio ricordare un altro che fu un mio atleta in passato (nel corso della mia primissima apparizione in campo professionistico come sponsor con le biciclette Fanini-Alan) e a cui diedi il mio primo premio (ad un corridore professionista) di 500 mila lire per aver vinto nel 1979 il circuito di Cecina. Una grande persona che oggi, a mio avviso, è il direttore sportivo migliore al mondo, sicuramente quello più titolato e vittorioso, mi riferisco a Giuseppe Martinelli direttore dell'indimenticabile Marco Pantani e adesso di Vincenzo Nibali all'Astana. Vedere tutti questi nomi ed altri passati da me che oggi sono commissari tecnici, direttori sportivi e dirigenti di federazioni, telecronisti e affermati industriali è davvero molto significativo e soddisfacente».

Ha avuto molti riconoscimenti per il suo impegno ed il suo lavoro?
«Si, molti. Voglio ricordarne solo due (ma non perché il resti li reputi meno importanti). Sicuramente il più significativo a livello personale è quello che ho ricevuto nel 2000 dal presidente della Repubblica Ciampi e da Amato, ovvero Onorificenza di Commendatore della Repubblica Italiana. E’ difficile che lo dica perché io voglio essere chiamato solo Ivano ma quel momento fu per me e la mia famiglia davvero importante. Poi nel 2011 la Confcommercio Italia 50&Più mi ha conferito a Palazzo Vecchio (FI) un riconoscimento importante come premio Michelangelo per alte qualità imprenditoriali. Infine voglio ricordare però che nel 1999 l’ex Sindaco di Pistoia e scrittore, Renzo Bardelli, scrisse un libro su di me e sulla mia storia e le mie battaglie contro il doping nel ciclismo, anche questo per me è motivo di grande orgoglio».

di Carlo Pellegrini
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COMMENTI
Ivano Fanini=la storia
30 settembre 2015 14:25 hammet
Tutti coloro che si avvicinano a questo sport dovrebbero leggere le sue parole, anzi dico di più dovrebbero tutti andare a lezione da lui. Soprattutto i ciclisti di oggi che grazie alla famiglia Fanini e specialmente attraverso Ivano, possono veramente conoscure tutti i valori di questo sport sia umani che sportivi visto che i successi più belli del nostro ciclismo sono legati indissolubilmente al suo nome. Grazie a nome di tutti gli appassionati!

Storia del ciclismo
30 settembre 2015 14:35 vipe
Il sig Fanini con il suo team ha scritto pagine memorabili della storia del ciclismo italiano e non solo, e ha scoperto/rilanciato tantissimi campioni. Fa tristezza leggere che una squadra dalla storia gloriosa come la sua sia costretta a "cercare di sopravvivere". Spero che in futuro in italia si torni a investire in uno sport così bello come il ciclismo (che ha tanti problemi, ma resta meraviglioso) e si possa vedere Amore & Vita di nuovo al Giro. Intanto, faccio un grande in bocca al lupo al team e ai suoi atleti, per il finale di stagione

Che dire di Fanini
30 settembre 2015 15:24 lgtoscano
Cosa dire del Sig. Ivano Fanini, molto si detto in questi ultimi 20/30 anni, di buono e di critiche, di certo resterà nella storia del nostro spor come tutta la sua Famiglia che vanta tra donne e uomini migliaia di atleti.

Il ciclismo tutti dovrebbero riconoscerlo, un vulcanico personaggio che non ha mai avuto paura di lottare contro tutto e tutti, solo da ammirare perché se il ciclismo è cambiato o sta cambiando sua la fetta maggiore degli onori.

Quindi un grazie sincero da tutti noi appassionati di ciclismo al Sig. Ivano Fanini e tutta la sua famiglia per quello che hanno fatto.

10 E LODE alla famiglia Fanini
30 settembre 2015 18:28 discesaesalita
Possiamo dire ciò che vogliamo, criticarli, ma quello che hanno fatto per il ciclismo questa famiglia è da ammirazione, ancora oggi hanno giovani , professionisti uomini e team femminile elite-prof ,cicloamatori etc.
Ma insomma chi non è stato alla Fanini , da massaggiatori o meccanici, accompagnatori o Direttori Sportivi, per non parlare di atleti, insomma la Fanini come una enciclopedia del Ciclismo.

@ Ivano
30 settembre 2015 19:31 angelofrancini
Sembra ieri quando oltre ventanni fa giravamo la Calabria e la Sicilia con le nostre famiglie.
Una cosa che ti va riconosciuta é il grande entusiasmo ed amore che hai sempre avuto per questo sport.
Comunque il stare con te, anche solo telefonicamente, mi fa rivere sempre quelle sensazioni di allora.
Mi ricordo ancora la tua rabbia quando a Cristian fu negata quella vittoria al Giro di Bulgaria o Romania: il telefono era diventato rosso. Avresti rinunciato chissà a cosa per avere quella soddisfazione, che forse era un tuo sogno.

UNA GRANDE FAMIGLIA
30 settembre 2015 19:49 Pedalatore
Ivano e tutta la famiglia Fanini, sono un pezzo di storia del ciclismo, ma ancora oggi stanno tenendo in piedi una realtà del ciclismo professionistico. Vedere che Ivano Fanini deve lottare per tenere in piedi la squadra perchè ci sono sempre meno sponsor è una cosa triste, quando poi ci sono squadre dirette da incompetenti ai quali gli sponsor gli danno in mano i soldi.
Viva il ciclismo e viva la Famiglia Fanini

onore a Fanini
30 settembre 2015 19:59 pietrogiuliani
Sfido chiunque in questo ambiente ad avere una storia da raccontare come questa. Bravo Ivano sei un grande. Non c'è davvero altro da aggiungere, chapeau!

Che storia!!!
1 ottobre 2015 12:12 antani
Anche il mitico Gino Bartali!!! Davvero Fanini è una pietra miliare del nostro ciclismo e di quello mondiale. Grande!!!

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