MEMORIAL BARDELLI. Trent'anni e non sentirli

PREMI | 07/06/2014 | 15:15
Il pubblico delle grandi occasioni, stipato all'interno del Palazzo Comunale di Pistoia, ha fatto da degna cornice per la cerimonia di consegna dei premi relativi al 30° Memorial Giampaolo Bardelli, l'unica iniziativa al mondo che premia i valori dello sport e che valorizza le professionalità sociali. L'ideatore e patron della manifestazione, Renzo Bardelli, commenta con soddisfazione i trenta anni di vita del Memorial intitolato all'amato fratello, nel nome del quale ha recentemente fondato anche il Gruppo Sportivo Giampaolo Bardelli.
«E' stato tagliato un grande traguardo e proprio per festeggiare i trenta anni del Memorial abbiamo pensato di dividere la manifestazione in due parti, quella odierna e un altra che avrà luogo tra qualche mese con degli ospiti molto importanti».

Qual è l'edizione che ricorda con maggior piacere?
«Non è facile fare una scelta, per me sono state una più bella dell'altra ed è impossibile stilare delle graduatorie».

Il personaggio che ricorda con più affetto?
«Senza dubbio Pietro Mennea, un grande atleta e un grande uomo, dal carattere eccezionale. Anche dopo essere stato premiato ha proseguito il suo impegno a favore dello sport etico d ha continuato a presenziare al Memorial Bardelli con grande entusiasmo. La sua prematura scomparsa mi ha causato un dolore immenso».

Si è mai pentito di avere premiato qualcuno?
«Poche volte. Piuttosto che Hein Verbruggen, come alcuni penserebbero, voglio indicare Renato Di Rocco che mi ha molto deluso. Si è dimostrato un dirigente di basso livello poiché sotto la sua guida la Federciclismo non ha fatto quasi nulla per combattere efficacemente la piaga del doping, una battaglia che è ben lungi dall'essere vinta».

Il termometro del doping nel ciclismo segna tuttora una temperatura alta o è in ribasso?
«Mi illudo che la situazione stia migliorando, ma poi noto dei segnali che inducono al pessimismo. Tuttavia stimo molto Vincenzo Nibali e da lui sono giunti ultimamente dei segnali incoraggianti, che lasciano ben sperare. Grazie a lui sono tornato a seguire le gare ma purtroppo ho riscontrato nuovamente, da parte di molti addetti ai lavori, il menefreghismo che ha contribuito a fare raggiungere quei livelli negativi che stanno affossando questo, per me bellissimo, sport. Manca la consapevolezza di cosa dovrebbe essere fatto per recuperare la credibilità del ciclismo e quando vedo che in televisione, come al recente Giro d'Italia, imperversano atleti già compromessi o invischiati in clamorose inchieste sul doping, mi rendo conto che certe lezioni non sono affatto servite a cambiare la mentalità generale».

Ma il doping non esiste solo nel ciclismo..
«E' vero, ma ho ideato il Memorial Bardelli proprio per combattere i problemi che affliggono lo sport che più amo, senza però trascurare le altre discipline. Per me lo sport deve educare, non finalizzare tutto alla sopraffazione e all'umiliazione dell'avversario: la foga di vincere a tutti i costi conduce inevitabilmente al doping».

Seguirà il prossimo Tour de France?
«Sì, insieme all'avvocato Malucchi, un grande amico di Nibali, seguiremo alcune tappe del Tour per sostenere e tifare Vincenzo, un atleta che costituisce un ottimo esempio per il movimento ciclistico».

Il Memorial Giampaolo Bardelli ambisce ad avere una dimensione internazionale?
«Questa dimensione è già stata raggiunta, tuttavia è sempre più difficile individuare dei personaggi che meritino di essere premiati per avere contrastato efficacemente il doping».

Seguirà i mondiali di calcio in Brasile, a detta dei commentatori “doping-free”?
«Non credo che ai mondiali di calcio non vengano utilizzati “aiuti” più o meno leciti, caso mai sarà un tipo di doping diverso rispetto a quello che circola nel ciclismo. Penso che seguirò poche partite alla TV, tuttavia stimo Prandelli: è una persona seria in un ambiente che ha dei problemi di etica superiori a quelli del ciclismo e non solo relativi al doping».

Stefano Fiori
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