| 20/11/2005 | 00:00 Lo scorso gennaio, alla presentazione ufficiale di Mendrisio, Renzo Bordogna - da sempre uomo misurato e refrattario alle iperboli - parlò di "incoraggianti premesse per una stagione onorevole".
Oggi, con diciotto vittorie in bacheca e quasi sessanta piazzamenti neiprimi cinque, il gran patron del team Lpr ripone, per un attimo, la cautela d'ordinanza, arrendendosi (con sommo piacere) alla legge dei numeri: "Io credo - spiega Bordogna - che si possa parlare di consuntivo straordinario. Al di là delle vittorie, alcune anche di grande pregio, un numero così elevato di piazzamenti dimostra come la squadra sia andata ben oltre le nostre più rosee aspettative. Eravamo convinti di aver allestito una formazione di buon livello, ma nessuno pensava di chiudere la stagione con un bottino simile".
Un bilancio talmente esaltante da far sorgere il sospetto che, dietro ai successi a raffica di questo team, si nasconda una pozione segreta: "La nostra pozione - replica il vice-presidente - si chiama umiltà. Ci sono squadre in cui lo scambio di opinioni è bandito, alla Lpr invece si è sempre respirata grande serenità. Esiste, come dovunque, la pressione per i risultati, ma la vittoria non diventa mai un'ossessione smodata. Siamo una squadra ancora piccola, ma da noi non esiste pressapochismo o approssimazione. Sul piano dell'organizzazione e dell'assistenza ai nostri atleti, potremmo tranquillamente rivaleggiare con i grandi team del ProTour".
L'album della stagione è una galleria di memorabili imprese. Ma qual è stata la più bella? "Direi tutte, dalla prima all'ultima. Certo, alla Bernocchi, che ho seguito dal vivo, veder vincere un nostro atleta in quel modo è stato fantastico".
Già, Napolitano… davvero sarebbe stato impossibile trattenerlo? "Per come oggi è organizzato il ciclismo - spiega con una punta di amarezza Bordogna - non c'era una sola ragione che giustificasse la sua permanenza nel nostro team. E' giusto che lui abbia accettato l'offerta della Lampre e sono lieto che se ne sia andato dicendoci grazie".
La rivoluzione del Pro Tour è stata accolta tra le nebbie della diffidenza: dopo un anno, qual è il bilancio?: "La nebbia non si è diradata affatto, anzi mi pare che non si veda ormai più nulla. L'elemento più deprimente è che, in questa stagione, abbiamo assistito a corse importanti, affrontate da alcune squadre del Pro Tour senza alcuno stimolo. Al Giro d'Italia c'è che ha portato il pullman solo per andare… in vacanza. Questo basta e avanza per sostenere che la formula andrebbe rivista radicalmente, ma a questo punto, sarà difficile cambiare rotta".
Che intende dire? "Voglio dire che il Pro Tour è sbagliato nella sua essenza, perché fonda la sua esistenza su una discriminazione ingiusta e, soprattutto, falsa, ovvero che il ciclismo autentico sia quello del ProTour, mentre tutto il resto è folklore. Una teoria per altro ottusamente avvallata anche dalla stessa associazione dei corridori, che difende gli interessi di una ristretta casta, dimenticandosi degli altri".
Torniamo al team Lpr: Tonkov ha deciso di appendere la bici al chiodo: come giudica la sua stagione al team Lpr? "E' stata, nella sua globalità, un'operazione positiva, perché sul piano della visibilità la sua presenza ci ha dato molto. Certo, se ad un corridore della sua statura gli si nega l'opportunità sacrosanta di correre un Giro d'Italia, è poi normale che gli stimoli vengano meno. Tonkov si è ritirato anche perché non aveva più motivazioni, ma la colpa non è certo nostra".
C'è qualche corridore che l'ha delusa? "Tutti hanno fatto il loro dovere, onorando la maglia che portavano. Se qualcuno mi ha deluso, non lo ha certo fatto sui pedali".
Il reperimento delle risorse economiche per il ciclismo diventa ogni anno sempre più difficile: quali sono gli scenari che ci attendono? "Senza dubbio non incoraggianti, perché molte squadre vivono una contraddizione difficilmente risolvibile: se vuoi avere il grande sponsor, devi garantirgli almeno le vetrine prestigiose di Giro e Tour, ma quando questo non è possibile, lo sponsor gira i tacchi e va ad arricchire altre discipline. Il ciclismo, per colpa del sistema, ha già perso tante risorse e, se la situazione non cambia, temo che ne perderà sempre di più".
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