Elia Favilli, non solo "ultimo uomo"

| 25/01/2011 | 13:42
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Elia Favilli è l’ultimo uomo della Farnese Vini Neri Sottoli al Tour de Langkawi 2011, è colui che ha ottimamente lanciato alla vittoria Andrea Guardini per ben due volte negli ultimi tre giorni.
Di lui il direttore sportivo Stefano Giuliani dice: «Definire Elia solo come buon apripista per il nostro velocista è riduttivo. Credo molto in lui: ha un ottimo spunto veloce, ma tiene molto bene anche in salita. Secondo me già nei prossimi giorni potrà farci vedere quanto vale in qualche volata ristretta».
Abbiamo fatto due chiacchiere con il ventunenne - quasi ventiduenne (festeggerà il suo compleanno il 31 gennaio in Malesia, ndr) toscano, alla partenza della 3^ tappa de LTdL.
Come ti sei avvicinato al ciclismo?
«Da piccolo giocavo a calcio, ero anche bravo, ma non mi divertivo. Pensa che mentre gli altri si allenavano io mi distraevo a raccogliere i fiorellini del prato che circondavano il campo. Un giorno Giovanni Ciantelli, patron del Gs Montenero, mi ha fatto scoprire la bici e da lì è stato amore a prima vista. Ho iniziato a correre da G1, vincendo abbastanza. Ho sempre corso fino a oggi, tranne che per un breve periodo da Esordiente: mi era passata un po’ la voglia, ma ho ripreso dopo qualche mese di stop grazie a un gruppo di amatori della mia zona, che tutt’oggi escono in bici con me».
Il 2011 è l’anno del tuo debutto tra i pro’. Quali sono i tuoi obiettivi?
«Imparare dai “vecchi” ed essere al servizio dei miei compagni che si possono giocare la vittoria. Quando mi sarà data la possibilità di fare la corsa farò del mio meglio, ma non avrò problemi a sacrificarmi per i capitani. Fare l’ultimo uomo credo sia proprio il ruolo che fa per me».
Quale corridore ti piacerebbe emulare?
«Mi piace lo stile di corsa di atleti come Bettini, Freire, Visconti. Ho caratteristiche simili a loro, nel senso che sono versatile. Sono abbastanza veloce e in salita mi difendo bene, ma ovviamente non posso assolutamente mettermi al livello dei nomi che ho fatto».
In che corsa ti piacerebbe fare bene?
«Sinceramente non saprei. Devo ancora capire fin dove posso arrivare, quali sono i miei limiti e in quali terreni posso fare la differenza. Vedremo col tempo che spazio potrò ritagliarmi».
Hai un bimbo di soli due anni, è difficile stare tanto lontano da casa?
«Molto. La nostalgia si fa sentire spesso, ma si cerca di contrastarla con telefonate, internet e le chiacchierate col mio compagno di stanza fisso “Taruffo” (Roberto De Patre, ndr). Fare il papà da lontano è difficile, ma per fortuna Chiara, la mia compagna, si dedica a Emanuele a trecentosessanta gradi. È complicato anche avere una relazione quando si è spesso fuori di casa, ma per il mio rapporto sono molto sereno, Chiara ha corso (su strada e nel ciclocross fino a tre anni fa, ndr) quindi capisce i sacrifici che dobbiamo fare io, lei ed Ema come famiglia».
Emanuele è già appassionato di ciclismo?
«Non potrebbe essere altrimenti. Sai che ha già la bici da corsa?».

da Taiping, Giulia De Maio

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