tuttoBICI. Gimondi attacca: sicurezza, è il momento di fare

| 09/01/2011 | 10:14
Domenica mattina, ore 8.45, uscita di Fiorenzuola d¹Arda: è lì che ci siamo dati appuntamento per andare assieme a Faenza, al «Giorno della Scorta». Felice Gimondi è puntualissimo come sempre, io anche. Guai farmi trovare in ritardo con il mio mito giovanile, con quel campione che seppe conquistare la mia fantasia di giovanotto ai primi anni Settanta. Lui grande campione acclamato e consacrato, io esile ragazzino con due "gambette così", che sognava sulle strade della Val Cavallina, sul lago di Endine (nella Bergamasca), di diventare un giorno un corridore.
Un corridore lo sono diventato veramente, con scarse attitudini e modesto talento, ma mi sono divertito. Poi la vita mi ha portato al giornalismo e il giornalismo mi ha riportato al ciclismo, dove ho conosciuto tanti campioni del calibro di Moser e Saronni, Bugno e Chiappucci, Motta e Dancelli, Merckx e Hinault, ma soprattutto lui: Felice Gimondi.
In viaggio con il mito, non è la prima volta. Lui sornione e pacato, ma all'occorrenza tagliente come pochi. Io curioso come sempre, quando mi trovo con il mio campione.
«La vittoria che più ricordo: quella mondiale a Barcellona. Nella volata finale ero battutissimo, invece clamorosamente ho vinto, grazie a Eddy. Sì, proprio a lui: dopo avermene fatte perdere un sacco, mi ha fatto involontariamente vincere la gara che più agognavo. Se solo avesse fatto partire qualche metro dopo Maertens, non ce n'era per nessuno. Invece su quel traguardo posto in leggera salita, Freddy partì troppo lungo, Eddy non ebbe gambe e io uccellai tutti».

Arriviamo a Faenza, dove Silvano Antonelli ha organizzato qualcosa di eccezionale per «Il Giorno della Scorta». Il 19° «Premio della sicurezza» va alla Protezione Civile, mentre il secondo ambasciatore della sicurezza ­ in pratica il mio successore - è proprio Felice Gimondi. Scusate per la citazione, ma non è da tutti aver l¹onore di passare il testimone ad un grande di cotanto calibro.
 
Felice, da oggi ti chiamo ambasciatore...
«Guarda, sono anche Cavaliere della Repubblica, ma non ho mai amato farlo sapere né tantomeno mettere il titolo sui bigliettini da visita. Sono Felice Gimondi e tanto mi basta. L'importante è essere. Ma ancor più importante è fare. Gli amici del Gs Progetti Scorta mi hanno dato un grande riconoscimento, soprattutto una grandissima responsabilità: spero di esserne all'altezza».
 
Tu alla sicurezza hai sempre tenuto molto...
«Tantissimo. Anche ai ragazzi che lavorano con grande passione e impegno all'organizzazione della Gran Fondo che porta il mio nome, ricordo sempre che la prima cosa da garantire a tutti è la sicurezza. Questa è una priorità assoluta. E a tale proposito vorrei anche dire una cosa al nostro presidente Renato Di Rocco: per lui è importante che si organizzino gare e che si vincano medaglie. Gare e medaglie sono il fatturato di una Federazione, unitamente al numero dei tesserati. Ma le gare non si devono contare, si devono pesare. Solo le gare ben organizzate devono essere premiate e gli organizzatori da premiare sono quelli che garantiscono sicurezza e danno al movimento un¹immagine positiva. Insomma, anche gli organizzatori devono essere messi in competizione: chi organizza meglio, riceverà uno sgravio sui costi. Per la serie: chi più spende (per la sicurezza), meno spende. Come alla Rinascente».
 
Tu negli ultimi anni ti sei sempre più dedicato all'uso della mountain-bike, come mai?
«Il vero problema del ciclismo è dato dalla pericolosità delle strade. Ma se oggi le corse sono grazie al cielo molto più sicure di ieri, quello che preoccupa è il prima: cioè gli allenamenti. Quale mamma dà il proprio ragazzino al ciclismo, se poi rischia di non vederselo più tornare a casa? Quale famiglia può accettare a cuore leggero che i propri ragazzi si dedichino al nostro sport che è soffocato dal traffico? Quindi, occorre un grande sforzo da parte della Federazione, dei comuni e delle province, affinché si creino, oltre alle piste ciclabili, degli anelli protetti atti ad accogliere in tutta sicurezza bimbi e ragazzini che vogliono avvicinarsi alla pratica dello sport che tutti noi amiamo.  Qualcosa si sta facendo, ma è ancora troppo poco. Quella della sicurezza è davvero una grande priorità».
 
Grazie al cielo, però, ci sono anche organizzazioni come il Gs Progetti Scorta, che ci mettono occhi, testa e cuore.
«A loro e a quanti come loro si adoperano per il bene del ciclismo deve solo andare il nostro più disinteressato ringraziamento. Bravi loro, bravi i volontari, bravi la Protezione Civile che giustamente è stata premiata con il "Premio Sicurezza", bravi il Coordinamento delle Moto Staffette, bravi anche forze dell'ordine, polizia stradale in primis, senza però dimenticare carabinieri o vigili municipalizzati. Quello che però fatico a digerire è che per una partita di calcio, dove si produce spettacolo, ma anche violenza e intolleranza, vedo l'impiego settimanale di migliaia di agenti in tenuta anti-sommossa e se il ciclismo chiede qualche moto della polstrada fatica ad averle. Questo non è giusto».
 
Cosa non ti va?
«Che il ciclismo debba sempre chiedere il permesso, come se disturbasse. Non mi va che nel nuovo codice della strada anche chi va in bicicletta a passeggio abbia l'obbligo di mettersi indosso le fasce catarifrangenti e non il casco. Di cose che non mi vanno sono tante...».
 
Tipo?
«Sentire una mamma, come la signora Margherita, mamma di Paolo Marelli, morto a 18 anni, sono cose che fan venire la pelle d'oca. Ma ancor più doloroso e vedere una famiglia abbandonata, lasciata lì in un angolo anche dalla nostra Federazione, come se avesse delle colpe. Come se la morte di un figlio avesse provocato un trauma all'ambiente e non viceversa. Spesso, queste famiglie chiedono solo comprensione e "pietas", invece trovano indifferenza».
 
Accuse gravi...
«Vedo, guardo, osservo: alla mia età non mi faccio problemi. Capisco che non sia facile, che nessuno possiede la bacchetta magica per risolvere i problemi, ma spesso basta anche solo un po¹ di disponibilità. Non occorre parlare, in certi casi è anche sufficiente ascoltare».

da tuttoBICI di dicembre 2010 a firma di Pier Augusto Stagi
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COMMENTI
Miglior Ambasciatore non poteva esserci
9 gennaio 2011 18:54 motostaffetta
Che dire...
Se tutto ciò lo afferma Gimondi qualche ragione ci sarà.
Miglior Ambasciatore non poteva esserci

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