
Oggi si corre l’edizione numero 122 della Parigi-Roubaix, la Regina delle Classiche, con quella polvere che brucia i polmoni dei corridori e quel fuoco che gli assale le gambe. La Roubaix è una corsa che ha ispirato generazioni di corridori e li ha fatti sognare, con quell’Inferno, così terribile e allo stesso tempo affascinante.
Tanti sono gli italiani che hanno vinto questa incredibile corsa, con Maurice Garin, l’italiano poi naturalizzato francese che fu il primo nel 1897 e poi nel 1898, poi fu la volta di Jules Rossi nel 1937, per arrivare al biennio di Serse e Fausto Coppi nel 1949 e 1950. Anche l’anno successivo arrivò una vittoria italiana con Antonio Bevilacqua.
Poi ancora Felice Gimondi nel 1966 e la supremazia di Francesco Moser, nel triennio tra il 1978 e il 1980, con le sue tre vittorie consecutive. Ma è dopo che il nostro cuore e il nostro ricordo si fermano. Si arriva al 1995 e gli occhi si fermano su quel ragazzo toscano, nato a Firenze l’undici dicembre 1964, sorridente e silenzioso e con la faccia da buono, anche se in corsa è uno che sapeva mettere paura. Si tratta di Franco Ballerini e di quella foto di trent’anni fa che ci riporta alla vittoria della sua prima Parigi-Roubaix.
Le strade e quel pavè, terrore di ogni corridore, ci raccontano quelle imprese che Franco, dal suo album fotografico, ha fatto diventare una poesia scritta con le immagini, dolci, forti e malinconiche, che 30 anni fa ha voluto regalarci. Era il 10 aprile 1995 e Franco Ballerini stava per correre la sua settima Parigi-Roubaix e fino a quel momento il risultato migliore era stato il secondo posto nel 1993 e il terzo l’anno dopo. Era la Roubaix numero 93 e valeva come terza prova della Coppa del Mondo di ciclismo su strada e al via erano tanti i nomi illustri che potevano vincere.
Quello però doveva essere un anno speciale, con un vincitore speciale e solo dopo 6 ore 27 minuti e 8 il velodromo André-Petrieux aprì le sue porte al toscano che in maglia Mapei tagliava da solo il traguardo. Alle sue spalle Andrei Tchmil vinse la volata per il secondo posto dopo un minuto e cinquantasei secondi di ritardo. Con lui c’erano anche Museeuw, Ekimov e Capiot per contendersi i piazzamenti migliori. Quel 9 aprile 1995, per tutti rimane la Roubaix di Franco Ballerini e che, per ancora tanti anni avrebbe dato anima e gambe a quella corsa, che amò fino al giorno del suo ritiro.
Il 10 aprile 1995, il toscano vinse con una bici Colnago con un telaio in carbonio che avrebbe fatto poi storia del ciclismo moderno. Franco Ballerini vinse anche tre anni più tardi, nel 1998, firmando un altro capolavoro, vincendo con oltre 4 minuti di vantaggio su Andrea Tafi. L’Inferno del Nord, se sei un ciclista, puoi decidere di amarlo oppure odiarlo e Franco Ballerini decise di affidargli il cuore e lo fece per 13 volte, tante sono le sue partecipazioni alla Roubaix. L’ultima cartolina, la più delicata e che ancora oggi ci commuove è quella del 2001, l’ultima corsa, l’ultima recita di uno straordinario protagonista, che partiva per la sua ultima corsa. Franco quel 15 aprile del 2001, è trentaduesimo, con il volto e il corpo pieni di polvere fece il suo ingresso nel velodromo francese, spostò le mani dal manubrio e aprì la sua maglia. Il pubblico incredulo lo applaudì e si alzò in piedi, perché sotto quella maglia c’era il saluto di Franco Ballerini al ciclismo e a quella corsa che aveva tanto amato. “MERCI ROUBAIX”, due semplici parole che contenevano una parte importante di quel mondo a due ruote che era la vita di Franco Ballerini. Quella scritta nera sulla maglia bianca era l’ultima scena di una grande storia, quella scritta da un uomo che nella sua carriera per 13 volte aveva corso la Parigi-Roubaix, arrivando primo due volte nel 1995 e nel 1998 e salendo sul podio nel 1993 e nel 1994.