In questi giorni tanti eventi stanno animando il centro storico di Trento per l’ormai tradizionale Festival dello sport. Tra campioni dei giorni d’oggi, alle vecchie glorie, sono tante le storie che abbiamo sentito raccontare tra ricordi di vittorie e di segreti più intimi. Nella giornata di venerdì Peter Sagan è stato protagonista di un bell’incontro condotto dal collega Ciro Scognamiglio e da Pierluigi Pardo che hanno disegnato un bellissimo e divertente ritratto del fuoriclasse slovacco.
Partendo dalle ultime corse disputate tra gare a tappe e le classiche monumento, è partito un viaggio a ritroso nei ricordi più speciali di Peter Sagan che tra una risata e l’altra ha intrattenuto il pubblico con il suo inconfondibile modo di fare anche un po’ rock. «A me piace tanto la musica e spesse mi è capitato di cantare, ma non è sempre così - ha spiegato Peter - fino a dieci anni fa in gruppo c’era spazio per distrarsi nelle prime fasi di gara ma ora non si può più, si va a tutta sin dal primo chilometro. Nel finale tutti sono tesi, si sentono solo urla e non si riesce nemmeno troppo a comunicare, la cosa più importante, soprattutto negli arrivi allo sprint è riuscire a rimanere in bici» .
Durante la sua carriera Sagan ha vinto praticamente di tutto, tappe nei grandi giri, classiche del nord, ma nel cuore dei sui tifosi è rimasta la tripletta mondiale mai riuscita a nessun alto. Per tre anni consecutivi dal 2015 al 2017 lo slovacco ha indossato la maglia iridata con orgoglio e di fatto scrivendo una parte importante della storia del ciclismo. Sono tante le storie sui mondiali, dalle parole di Sagan emerge l’enorme spontaneità, ma soprattutto la capacità di farsi scivolare addosso tutto quanto e mettere da parte la pressione. «Volete sapere il segreto per vincere i mondiali? Ho capito che il segreto era fregarsene - ha raccontato Peter ai suoi tifosi - nel 2011 avevo vinto tre tappe alla Vuelta e tutti dicevano che fossi il favorito del mondiale, alla fine ho iniziato con il crederci anche io. Tutto questo però mi ha messo troppa pressione ed una certa in gara ero letteralmente finito. L’anno successivo è successo ancora e ancora, fino a che nel 2015 quando è ritornato un percorso adatto a me mi sono detto che non dovevo pensarci troppo perché è una gara in cui conta tanto la fortuna. Quell’anno eravamo a Richmond e la prova a cronometro della mia squadra era andata malissimo e così i giorni successivi mi sono goduto l’America da turista, non avrei mai immaginato che sarei tornato a casa con una maglia iridata. L’anno successivo a Doha tutti sono andati settimane prima per ambientarsi, io ho rifiutato anche il consiglio di allenarmi nella sauna e infatti appena sono uscito in bici stavo male. Invece in gara poi mi sono sentito benissimo e ho vinto, di nuovo. Il terzo mondiale, quello in Norvegia, è invece una storia a parte: alcuni giorni prima avevo avuto un’intossicazione alimentare e alla domenica avevo dovuto correre totalmente in difesa, nessuno mi puntava e così proprio per quello sono riuscito a vincere».
Aneddoto dopo aneddoto Sagan si è letteralmente aperto con i suoi tifosi strappando più di un sorriso. A scandire la chiacchierata ci hanno pensato gli audio dei suoi amici ed ex compagni di squadra che hanno mostrato i lati più nascosti del campione slovacco. A turno si sono succeduti Vincenzo Nibali, Oscar Gatto, Daniel Oss che ha ricordato la sua semplicità mentre Philippe Gilbert ha riportato alla mente le grandi battaglie sul pavè. Elia Viviani invece si è soffermato sul giovane Peter e sul loro primo incontro nel 2008 quando giovanissimi erano nella stessa squadra, lo slovacco non parlava italiano ed alloggiava in una casetta riservata agli atleti stranieri. «E’ stato un periodo bello ma non facile perché stavo iniziando ad imparare l’italiano - ha proseguito Sagan - Elia arrivava solo nel weekend per le gare e mi ricordo che una volta gli avevo chiesto dei consigli su quali prodotti italiani portare a casa e così abbiamo iniziato un tour in tutti i vari negozietti ed poco alla volta ho imparato tutti i piatti tipici».
Qualche settimana fa Peter Sagan ha salutato il ciclismo su strada dopo ben quattordici anni di professionismo, una scelta non facile ma che lo riporta all’amore degli inizi: la Mountain Bike. Il campione slovacco infatti ritornerà al fuoristrada con il grande obiettivo di essere al via dei prossimi giochi olimpici. «Non è stata una scelta che ho preso alla leggera, ma penso che sia la cosa giusta da fare - ha concluso Sagan - credo di aver dato tanto al ciclismo su strada ed ora è il momento di ritornare a divertirsi. Vorrei finire come ho iniziato, ritornare alle radici con la Mountain Bike e provare a dare battaglia alle Olimpiadi di Parigi. So che è una strada molto dura, ma per me nulla è stato mai impossibile».
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