ANTONELLI: «IL CICLISMO LO SI DIFENDE ORGANIZZANDO CON RESPONSABILITÀ, COMPETENZA E CAPACITÀ DI CONFRONTO»

INTERVISTA | 19/11/2022 | 08:05
di tuttobiciweb

Il 15 novembre scorso, presso la Prefettura di Ravenna, è stato firmato il protocollo d’intesa per lo “svolgimento delle manifestazioni ciclistiche e podistiche su strada”. Ne parliamo con Silvano Antonelli, a cui si deve una parte significativa del risultato raggiunto.


Perché a Ravenna un protocollo per le gare ciclistiche e podistiche?


«Perché da tempo esiste una cultura del prevenire, del fare le cose con responsabilità, in armonia tra organizzatori, Istituzioni e forze di Polizia, per tutelare il ciclismo senza creare inutili disagi alla circolazione. Il primo protocollo risale al 2012, allora fatto per la semplificazione degli atti relativi ad autorizzazioni, ordinanze, impiego di scorte tecniche e rapporti con la Polizia Stradale. Avere più sicurezza agevolando nel contempo le incombenze degli organizzatori. Fu anche l’occasione per la costituzione, in Italia, del primo “tavolo di concertazione” su espresso invito del Ministero dell’Interno all’indomani della pubblicazione del disciplinare delle scorte tecniche alle gare ciclistiche. Un atto che necessariamente andava compreso, condiviso e gestito insieme a tutte le parti coinvolte».

Come mai ciclismo e podismo insieme?

«Perché anche il podismo si svolge sulle strade pubbliche, con effetti e problematiche per larga parte assimilabili a quelle delle gare ciclistiche, con la differenza che per le manifestazioni podistiche non sono previste specifiche norme di transito, a volte con esiti imprevedibili, ragion per cui si è deciso di mutuare quelle del ciclismo, almeno fin dove era ragionevole farlo. Avvicinando in tal modo, anche per le gare podistiche o manifestazioni podistiche non competitive, l’obiettivo di adeguati criteri organizzativi con la possibilità, da parte degli organi preposti, di una tempestiva valutazione delle problematiche di ordine pubblico e viabilità stradale».

Chi sono i protagonisti di questo protocollo?

«In primo luogo la Prefettura per il suo lavoro di proposta, coinvolgimento e coordinamento delle parti. In secondo luogo la FCI provinciale, che ha messo a disposizioni le sue competenze sulla materia, producendo gran parte delle cose che stanno scritte nel protocollo, svolgendo anche un ruolo di orientamento sulla sua finalizzazione. Si tratta però di un lavoro di squadra a cui va dato pari merito anche a Provincia, Questura, Sindaci, Forze di Polizia, per la loro sensibilità e voglia di fare, perché, come ama dire il prefetto di Ravenna Castrese De Rosa: “non sia mai che nella Provincia di Ravenna si neghi l’autorizzazione ad una manifestazione sportiva!“».

Un protocollo di non soli principi ma anche di linee operative.

«Certamente. La prima parte definisce i comportamenti che le parti devono assumere sulla base delle leggi, norme e regolamenti che già esistono, mentre la seconda, quella delle “note orientative”, definisce principi operativi quali: la migliore scelta dei percorsi, le compatibilità territoriali, l’avviso preventivo alla Questura, i tempi di rilascio delle autorizzazioni e delle ordinanze, l’intreccio fra quanto predisposto dagli organizzatori per la sicurezza dei percorsi, con i propri volontari, e quanto invece predisposto da Questura e comandi delle varie Forze di Polizia».

Avevate già un protocollo, che cosa ha di diverso quest’ultimo?

«Il fatto che oltre alle gare competitive sia ciclistiche che podistiche, per la prima volta si pone a disciplina anche quelle non competitive che, non essendo incluse nel codice della strada e quindi non soggette a specifiche autorizzazioni, spesso vengono programmate e gestite con troppa improvvisazione, poca attenzione ai riflessi sulla circolazione stradale, mettendo a disagio chi, Enti, Istituzioni e forze di Polizia, pur volendole incoraggiare, ha comunque il compito di controllarle nell’intesse più generale dell’ordine pubblico e della sicurezza stradale. Parliamo non dei grandi eventi proposti da gente del mestiere, ma di quelli minori, humus di una società viva e serena, ma, spesso, con alla spalle organizzatori “improvvisati”. Il protocollo vuole aiutare anche questi ultimi, chiedendo però loro di procedere con criteri adeguati di approntamento e prudenza, a partire dal darne avviso preventivo alla Questura almeno 15 giorni prima, precisando dettagli essenziali quali i percorsi scelti, il loro presidio, i punti di maggiore criticità, il numero dei partecipanti, i servizi di assistenza e quant’altro necessario per una corretta valutazione dell’evento ed eventuale necessità di Forze dell’ordine. Il fatto che una manifestazione non sia competitiva, non esime dallo scendere in strada con molta responsabilità e chiarezza di chi organizza e a quale condizioni».

Esiste il rischio che questo protocollo, per quanto interessante, venga poi trascurato nei fatti?

«I testi scritti sono inutili pezzi di carta se non cementano anche la volontà di farli gestionalmente vivere con competenza, determinazione e verifiche periodiche. Un rischio che escludo per la Provincia di Ravenna, non solo per la collaudata capacità di relazione e dialogo tra le parti firmatarie, ma, soprattutto, perché il “tavolo di concertazione” sarà una cosa vera, che già funziona, con le sue riunioni programmate, in cui è possibile armonizzare i calendari gare liberamente decisi dalle singole federazioni, stabilire le priorità, l’impatto sui territori, le eventuali criticità ed il razionale impiego delle risorse destinate alla sicurezza, sia quelle messe in campo dagli organizzatori, che quelle possibili da parte della Questura».

Una intesa e un esempio utile anche per altre province?

«L’auspicio esiste e, non a caso, nella definizione del protocollo mi sono più volte consultato e confrontato con il Dott. Sgalla, presidente della Commissione Nazionale Direttori Corsa e Sicurezza della FCI, proprio nell’ottica che questo protocollo possa essere preso a riferimento anche per altri territori, dai quali spesso arrivano lamentele di organizzatori in difficoltà nell’ottenere nulla-osta, autorizzazioni ed ordinanze varie, impossibilitati ad avere normali relazioni con gli Enti o Amministrazioni che questi atti devono concedere, in difficoltà anche a far comprendere che le gare ciclistiche non sono eventi straordinari o pericolosi, oppure che la normale gara non va trattata con le stesse garanzie di una tappa del Giro d’Italia. Cose invece possibili quando, da un lato, i nostri organizzatori possono agire attraverso strutture federali territoriali rappresentative e competenti e, dall’altro, quando le varie Amministrazioni, Prefetture e Questure agiscono con funzionari ed operatori che conoscono davvero la materia delle gare ciclistiche».

Vuole forse dire che serve formazione un po’ per tutti?

«Certamente, eccome! Nessuno nasce imparato e nessuno può conoscere ciò che non gli è mai stato spiegato. Per questo nel protocollo Ravenna, un richiamo particolare è rivolto alla necessità di fare formazione per gli organizzatori quanto (magari congiuntamente) per il personale degli Enti, Amministrazioni e forze di Polizia, preposto a questo genere di cose. La formazione è come la terra per il grano, non esiste che possa crescere se resta sospeso da questa. La FCI ha gli strumenti per farlo, giocando fino in fondo il ruolo di rappresentanza dell’intero movimento ciclistico che il Coni e il Ministero dell’Interno le hanno assegnato per i temi della sicurezza e delle regole generali delle gare ciclistiche. Quel che occorre è crederci cambiando passo, perché l’andatura è ancora troppo lenta».

In parole semplici come spiegherebbe il “Protocollo Ravenna” al dirigente sportivo e al normale cittadino?

Al primo, che si sta praticando la strada di tutelare il ciclismo con atti di responsabilità e raziocinio onde evitare che prima o poi qualcuno voglia limitarlo sulle strade ordinarie, di cui ha assoluto bisogno. Al secondo, invece, che nulla viene trascurato affinché il ciclismo, seconda disciplina sportiva nazionale per importanza, possa svolgersi in sicurezza per tutti e col minor impatto sul diritto della libera circolazione».

È vero, come ha detto il Prefetto in occasione della firma, che lei è l’anima del Protocollo?

«Per conto del nostro Comitato regionale e quello provinciale FCI, ho offerto le mie conoscenze per un risultato che poteva riuscire solo grazie ad un perfetto gioco di squadra, dove ciascuno ha inserito il proprio ruolo ed il proprio sapere. Che poi il Prefetto voglia intendere che ci ho messo molta passione, questo mi fa piacere. Ancor più da un Prefetto davvero straordinario come Castrese De Rosa, che mette nei suoi comunicati cose che andrebbero lette non una volta soltanto, ovvero che « abbiamo voluto rivolgere la massima attenzione alle manifestazioni competitive e non, nella consapevolezza che va dato ampio spazio e sicurezza a chi con allenamenti duri, dedizione e sacrificio si impegna per conseguire importanti risultati e a chi, organizzando manifestazioni ed eventi, si prodiga per diffondere i valori dell’impegno, del rispetto delle regole, della collaborazione e del confronto leale, valori imprescindibili in una società civile e coesa».

 

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